ITALIA

Roma Tor Vergata rifiuta il fascismo

Più di cinquecento persone hanno risposto ieri pomeriggio all'appello degli studenti e delle studentesse antifascisti dell'università di Roma Tor Vergata, in risposta alle aggressioni neofasciste degli scorsi giorni. Il corteo, che ha sfilato dalla facoltà di Medicina fino al Rettorato, ha chiesto le dimissioni del Rettore, considerato corresponsabile di quanto avvenuto all'interno della facoltà di Giurisprudenza, e l'annullamento del Senato accademico che si stava svolgendo mentre i militanti di Casapound vi bloccavano l'ingresso, aggredendo gli altri studenti.

Firenze Oppio in sala parto, il dolore scompare.È un'alternativa all'epidurale e lascia la mamma sveglia.

Viene proposta come alternativa dolce all’epidurale. È l’anestesia a base di un oppioide comunemente usato per addormentare i pazienti durante gli interventi chirurgici, il Remifentanil.La futura mamma lo riceve per via endovenosa, in infusione, con dosaggi personalizzati che le lasciano il gusto di assistere da sveglia alla nascita del suo bambino. RISULTATI POSITIVI - La sperimentazione è stata avviata all’ospedale fiorentino di Careggi ed è ancora in corso, con risultati positivi, secondo Anna Melani, responsabile del reparto di anestesia del dipartimento materno-infantile: «Abbiamo già trattato circa 1000 donne, la prima è stata mia figlia. È un’alternativa sicura. Questo oppioide era già stato studiato e molto si conosce sui suoi meccanismi d’azione. Agisce rapidamente e altrettanto rapidamente viene eliminato dall’organismo». Sarebbe proprio quella che in termini medici è definita "emivita breve" (cioè il veloce smaltimento), uno dei vantaggi di Remifantanil. La sperimentazione è partita dopo il via libera del comitato etico di Careggi. «Per ogni partoriente viene individuata la quantità di farmaco su misura» spiega la Melani indicando altri vantaggi: «L'assenza di effetti collaterali per la mamma e per il bambino e la mancanza di accumulo della sostanza. Viene proposto a chi non può ricevere l’anestesia epidurale per problemi di coagulazione».

ESTERI

GAZA

Un tribunale israeliano di al-Quds occupata (Gerusalemme) ha stabilito che gli israeliani possono usare le armi contro i palestinesi se lo scopo è quello di "disperderli". Da più parti, nell'ambito giuridico, si ritiene che questa sentenza rappresenti un gravissimo precedente che incoraggia ulteriormente i coloni ad uccidere i cittadini palestinesi. Pertanto, la giudice del Tribunale di pace di al-Quds ha stabilito che si può sparare ai palestinesi dopo la sua sentenza riguardante il 'colono' Abraham Hofi, "non colpevole" di aver fatto un uso criminoso della sua arma quando il 5 maggio del 2005 ha sparato contro tre pastori palestinesi che si trovavano ad una distanza di 100 metri dal confine della 'colonia' di Halamish.I tre palestinesi hanno reso la loro testimonianza al Tribunale, affermando che Hofi sparò direttamente contro di loro mentre si trovavano con il pascolo in un terreno di loro proprietà. Terreno che gli israeliani tentano vigliaccamente di usurpargli da tempo . Michael Sefarad, consulente legale di "Yesh Din" ("C'è la Giustizia"), organizzazione per la difesa dei diritti umani che raccoglie le testimonianze degli aggrediti, afferma che la "grave sentenza" del Tribunale è un via libera a sparare contro i cittadini palestinesi. In merito a queste notizie da bollettino di guerra che ormai si susseguono giorno dopo giorno, ora dopo ora, e che vedono come vittime: civili, donne e bambini palestinesi ricordiamo che Netanyahu ha voluto ribadire, al termine della visita negli Usa, che la politica israeliana non cambia rotta sulla questione di Gerusalemme. "La posizione del premier" si legge in una nota del gabinetto di Netanyahu, "è che non ci saranno cambiamenti nella politica israeliana su Gerusalemme peraltro perseguita dai governi che si sono succeduti negli ultimi 42 anni". Israele continua a sostenere che una moratoria sugli insediamenti a Gerusalemme Est non può essere avviata poichè la Città Santa è la "loro" capitale "eterna e indivisibile".Ecco il punto di vista di Netanyahu sull'ipotetica apertura a un dialogo di pace.


Gr 13:00

In primo Piano

New York Times, nuove accuse al Papa "Sapeva del prete pedofilo tedesco"

Dopo le rivelazioni sul caso del prete americano i cui abusi sui bambini sordomuti sarebbero stati coperti dalle gerarchie vaticane, a cominciare dal futuro papa Benedetto XVI, il quotidiano americano New York Times torna in edicola con un nuovo capitolo dell'inchiesta che mette al centro della polemica ancora una volta il Papa. Questa volta il caso è quello del sacerdote tedesco Peter Hullermann, riconosciuto colpevole di abusi ai danni di minori e poi reintegrato nel lavoro pastorale mentre era ancora in terapia psichiatrica negli anni in cui Joseph Ratzinger era arcivescovo di Monaco.

Quando la vicenda è emersa, poche settimane fa, l'arcidiocesi di Monaco ha rilasciato una dichiarazione dell'allora vice di Ratzinger, Gerhard Gruber, che si è assunto tutta la responsabilità per il mancato intervento a carico del prete pedofilo. Ma il Nyt sostiene oggi l'esistenza di una memoria informativa consegnata al futuro Papa in cui lo si metteva al corrente del reintegro di Hullermann. Il documento, "la cui esistenza è confermata da due fonti ecclesiastiche - scrive il Nyt - dimostra che non solo Ratzinger presiedette un incontro il 15 gennaio 1980 in cui fu approvato il trasferimento del prete, ma fu anche informato della ridislocazione del sacerdote".

Quale sia stato il livello di coinvolgimento dell'allora arcivescovo nel processo decisionale e quanto interesse avesse dimostrato nel caso del prete molestatore, resta ancora da chiarire. Ma il Nyt ricorda che il reverendo che gestì la questione Hullermann fin dall'inizio, Friederich Fahr, "rimase sempre personalmente legato" al cardinale Ratzinger. "Il caso del prete tedesco - ricorda il Nyt nel reportage da Monaco a firma di Nicholas Kulish e Katrin Bennhold - è divenuto d'attualità perché si è verificato nel periodo in cui il cardinale Ratzinger, che fu più tardi incaricato di far fronte a migliaia di casi di abuso per conto del Vaticano, era allora in una posizione che gli avrebbe consentito di denunciare il sacerdote, o almeno di impedirgli di avere nuovi contatti con bambini. La Chiesa ha ammesso che nel caso di padre Hullermann furono commessi 'gravi errori', ma li ha sempre attribuiti a coloro che riferivano al cardinale Ratzinger piuttosto che a lui medesimo".

"I funzionari ecclesiastici difendono papa Benedetto sostenendo che l'informativa era una routine e che 'è improbabile che sia finita sulla scrivania dell'arcivescovo'", scrive ancora il giornale americano citando il reverendo Lorenz Wolf, giudice vicario dell'Arcidiocesi di Monaco. Ma lo stesso Wolf "non può escludere che Ratzinger l'abbia letta". Padre Gruber, ex vicario generale, dice di non ricordare una conversazione "dettagliata" con l'arcivescovo in cui il nome di Hullermann fosse venuto fuori, ma non si sente neanche di escluderla.

Il periodo preso in esame dal New York Times va dal dicembre 1979 al febbraio 1980. "In questo breve lasso di tempo, una serie di lettere, verbali di riunioni e documenti personali dimostrano che padre Hullermann passò dall'essere caduto in disgrazia, con la sospensione dai suoi incarichi a Essen, a lavorare senza restrizione a Monaco, nonostante la lettera che ne chiedeva il trasferimento descrivesse l'uomo come un potenziale pericolo". A settembre, ricostruisce ancora il Nyt, il cappellano era stato rimosso dalla congregazione dopo che tre famiglie lo avevano denunciato per aver molestato i propri figli maschi: "Accuse che lui non negò mai", ricorda il giornale. La richiesta di trasferimento arrivò in dicembre a padre Fahr. In una lettera successiva, il suo superiore di Essen parlava di pericoli talmente gravi da meritare conseguenze legali, pur senza menzionare mai le molestie. Anche se poi suggeriva che padre Hullermann avrebbe potuto insegnare "in una scuola femminile".

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Sanità Usa, l'ultimo sì alla Camera. Via libera al pacchetto di "correzioni" alla legge. Adesso il testo potrà essere ratificato dal presidente

WASHINGTON - Dopo avere approvato la storica riforma della sanità, il Congresso degli Stati Uniti ha dato il via libera al pacchetto di "correzioni" alla legge garantendo un totale successo a Barack Obama e alla sua amministrazione. La Camera ha approvato con 220 voti favorevoli e 207 contrari l’insieme delle modifiche che, poche ore prima, avevano già avuto il semaforo verde del Senato (56 voti favorevoli e 43 contrari).

L'ITER - Le 153 pagine del provvedimento erano state già approvate dalla Camera domenica scorsa, ma all’esame del Senato vizi procedurali avevano portato ad alcune piccole correzioni del testo. La costituzione americana prevede che una legge sia approvata sia alla Camera che al Senato nella stessa lettura, in caso di modifiche anche lievi ad un disegno di legge da parte di una delle camere, anche l’altra deve ratificarle. Dopo il passaggio alla Camera il testo potrà essere adesso firmato dal presidente Barack Obama, che in questo modo completerà il quadro della riforma dopo la ratifica del provvedimento principale, da 1200 pagine, martedì scorso.

WASHINGTON ASPETTA PASSI AVANTI ISRAELIANI, LEGA ARABA E PALESTINESI SPERANO IN UNA SVOLTA

Che qualcosa si stia muovendo? Se lo stanno chiedendo soprattutto arabi e palestinesi alla luce di una “più chiara” (così viene definita dai media arabi) posizione americana rispetto a Israele come emerso dai tre giorni trascorsi dal primo ministro israeliano a Washington – e conclusi con un significativo nulla di fatto – e da un rimpallo di dichiarazioni di portavoce. Oggi, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu convocava una sessione straordinaria e ristretta del consiglio dei ministri per fare il punto sulle richieste americane per far ripartire i colloqui con i palestinesi, un suo portavoce dichiarava che Washington era a favore dell’allargamento degli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est, capitale designata di un futuro stato palestinese; dichiarazioni però prontamente smentite da un portavoce del presidente americano Barack Obama secondo cui questa era la posizione espressa da Tel Aviv cui Washington si sta invece opponendo. La battaglia diplomatica aperta all’indomani della visita del vicepresidente americano Joe Biden in Israele - durante la quale Tel Aviv ha provocatoriamente annunciato un piano per 1600 nuove abitazioni a Gerusalemme Est – sembra dunque non placarsi e aprire percorsi di cui si riescono a scorgere prime indicazioni. Secondo indiscrezioni diffuse dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth e rilanciate anche dai media palestinesi, a parte il nodo di Gerusalemme Est gli Stati Uniti avrebbero individuato quattro punti su cui riavviare le trattative di pace tra israeliani e palestinesi: accesso degli aiuti umanitari a Gaza; trasferimento di territori sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese; un consistente rilascio di prigionieri palestinesi; discussione di tutte le questioni principali nell’ambito delle trattative indirette che l’inviato speciale americano George Mitchell sta cercando di intavolare. In particolare, per quanto riguarda Gerusalemme Est, Washington avrebbe chiesto, secondo queste fonti, il passaggio del quartiere di Abu-Dis ai palestinesi. A fare un suo punto sulla questione saranno questo fine settimana anche i capi di stato e di governo riuniti in Libia (a Sirte) per il XXII vertice della Lega Araba i cui ministri degli Esteri hanno intanto già concordato lo stanziamento di circa 400 milioni di euro a favore dei palestinesi residenti a Gerusalemme Est. Nel corso di una conferenza stampa alla vigilia del vertice di Sirte, il segretario della Lega Araba, Amr Moussa, ha detto che fin quando durerà l’occupazione di territori palestinesi, Israele non avrà altra scelta che confrontarsi con crescente resistenza e ostilità. “Non accettiamo le colonie – ha aggiunto Moussa – e questo è un punto cruciale; fin quando continuerà l’occupazione di Cisgiordania e Gerusalemme, non ci sarà uno stato palestinese e di conseguenza sarà inutile ogni trattativa”.

Austria, migliaia di manifestanti in piazza contro la leader xenofoba Rosenkranz

Migliaia di persone hanno manifestato ieri sera a Vienna davanti alla Hofburg, l'ex palazzo imperiale ora sede della Presidenza, per protestare contro Barbara Rosenkranz, candidata del partito di estrema destra Fpoe alle prossime elezioni presidenziali. Alla manifestazione hanno aderito studenti, intellettuali, artisti e molte personalità pubbliche, tra cui il capo della comunità ebraica viennese Ariel Muzicant. Alla protesta avrebbero partecipato almeno novemila persone, secondo gli organizzatori. La Rosenkranz è favorevole alla revisione delle leggi sul divieto di nazismo in Austria, ed è accusata dai critici di avere posizioni ambivalenti e retrograde sulla donna.

ITALIA

Farmaci e fondi neri, sotto inchiesta dei pm milanesi il sen. Cursi

Il 'caso' è quello della Ferring farmaceutica, un'azienda che avrebbe pagato una bustarella da 100mila euro, sospettano gli inquirenti stando al Corriere, all'allora "sottosegretario alla Salute nel secondo governo Berlusconi e oggi responsabile nazionale per la Sanità del Pdl, allo scopo di far registrare il nuovo farmaco anti-infertilità Meropur al prezzo maggiore (3 euro in più a fiala) voluto dalla società produttrice".

La stessa Ferring avrebbe poi costitutito cospicui fondi neri con i quali 'convincere' gli endrocrinologi a prescrivere ai pazienti l’ormone della crescita contenuto nello Zomacton prodotto dalla stessa azienda.

Un caso di corruzione che ha orientato la Procura milanese a chiedere al gip Gaetano Brusa che la Ferring Italia sia "temporaneamente interdetta dal contrattare con il Servizio Sanitario Nazionale".

"Non conosco la Ferring - dice Cursi, già capo della segreteria di Amintore Fanfani, interpellato dal Corriere — Io di certo non ho preso soldi, né avrei potuto intervenire sul prezzo

Siparietto


Gr 9:30

ESTERI

ITALIA


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Servizi audio della giornata


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