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'''Ponte Galeria'''

Verso la mezzanotte del 29 marzo una nuova rivolta scoppia nel Cie di Ponte Galeria. I reclusi riescono a parlare con Radio ondarossa e raccontano...
È mezzanotte e mezzo quando dai reclusi del Cie di Ponte Galeria [Roma] arriva un sms a radio ondarossa: «un casino della madonna!».
Chi riesce a parlare al telefono con i redattori della radio racconta che intorno alle 23.00 è scoppiata una rivolta, per protestare contro l’ennesimo pestaggio.
I materassi bruciano e ci sono due grossi fuochi che si alzano arrivando fino all’infermeria.
Alcuni reclusi sono saliti sul tetto e altri hanno spaccato tre o quattro porte di ferro e hanno quasi raggiunto il muro di cinta.
Tutto il centro è pieno di polizia: sono dappertutto – in tenuta antisommossa, con manganelli, scudi e caschi – e ad un certo punto cominciano anche a sparare.
Mentre un altro recluso racconta i motivi della rivolta, si sente chiaramente il rumore degli spari.
I motivi per protestare sono tanti, raccontano, innanzitutto il prolungamento fino a sei mesi – «sei mesi sono troppi!» – poi la somministrazione massiccia e quotidiana di psicofarmaci, tanto che la gente sta a letto tutto il giorno e dorme fino a mezzogiorno.
C’è gente «di tutti i colori» – spiegano i reclusi – ci sono persone che stanno in Italia da vent’anni e che ora si ritrovano rinchiuse nel Cie.
Ci sono tossicodipendenti e alcoolizzati, diabetici, asmatici e malati di epatite, a cui non viene somministrata la terapia di cui avrebbero bisogno
e che era stata loro prescritta dal medico.
Ogni sera c’è gente che ingoia lamette e se ti lamenti ti rispondono male, minacciano di chiamare la polizia, l’esercito e i carabinieri. Se chiedi di
essere curato o portato in ospedale ti dicono che stai fingendo perché vuoi scappare.
In questi giorni un recluso ha sbattuto la testa al muro per la disperazione e un altro che protestava è stato picchiato così forte che gli hanno rotto i denti. Stessa sorte è toccata a un gruppo di reclusi che la notte tra domenica e lunedì erano saliti sul tetto per cercare di scappare:
tutti riportati a forza nelle gabbie e riempiti di botte.
«Qui ci trattano come cani», continuano a ripetere i reclusi. «Ci sequestrano tutto: shampoo, sapone e dopobarba, perché devi usare solo quello che forniscono loro». Sequestrano gli accendini ma nello spaccio interno vendono i cerini, come se con i cerini non si potesse accendere un fuoco… Lo scopo – sostengono i reclusi – è di impedire che si ripeta ciò che era avvenuto il 13 marzo scorso quando, durante il presidio che si stava svolgendo all’esterno, alcuni di loro erano saliti sul tetto e avevano dato fuoco a coperte e materassi.
Ora la storia si ripete, il Cie brucia e i reclusi chiedono insistentemente che qualcuno da fuori venga a vedere cosa succede lì dentro…
Nel frattempo, a un certo punto della notte al telefono non risponde più nessuno: non ci è dato sapere se qualcuno è riuscito a scappare, né se i telefoni siano stati sequestrati o se i reclusi stiano semplicemente dormendo.
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'''Misure cautelari agli attivisti di Chiaiano'''
Non bastava l’immondizia che sta riempiendo e distruggendo il parco delle colline. Non bastavano le botte prese dai manifestanti nei giorni della protesta. A due anni dalla rivolta di Chiaiano la polizia si è presentata a casa degli attivisti del presidio per notificare 5 provvedimenti di misura cautelare tra arresti domiciliari e obbligo di firma per "pericolosità sociale". Gli eventi sono quelli famosissimi delle prime cariche a Chiaiano del 23 maggio 2008 quando la polizia caricò il presidio. Era il prologo delle cariche del giorno dopo quando due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di morire. Gli elementi che a distanza di così tanto tempo qualificherebbero la "pericolosità sociale" sono ancora più incredibili: per Egidio e Davide è il fatto di essere stati fermati in un camion (quello della manifestazione dello Jatevenne Day il 30 settembre 2008) insieme al proprietario dello stesso che nel camion teneva una falce. Situazione per la quale all'epoca del fermo del camion non ricevettero nessuna accusa perché fu subito accertato che la falce apparteneva al proprietario che di mestiere fa il contadino. Per Pietro addirittura la situazione è paradossale: proprio il 23 maggio fu fermato durante le cariche e processato per resistenza. Quindi sarebbe due volte inquisito per le stesse cose!! E l'elemento che secondo il Pm accerterebbe la sua "pericolosità", il fatto di parlare col megafono agli altri manifestanti, è stato già derubricato nel giudizio del tribunale come un atto non rivolto ad aizzare la folla ma a mantenere la calma. E così a pagare sono ancora una volta le persone che lottano per il diritto alla salute di tutti e che cercano di esprimere il proprio dissenso ad una scellerata politica dei rifiuti.
Ascoltiamo una corrispondenza con un compagno di Napoli.
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'''Ponte Galeria'''
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È mezzanotte e mezzo quando dai reclusi del Cie di Ponte Galeria arriva un
sms: «un casino della madonna!».
Chi riesce a parlare al telefono racconta che intorno alle 23.00 è
scoppiata
una rivolta, per protestare contro l'ennesimo pestaggio.
I materassi bruciano e ci sono due grossi fuochi che si alzano arrivando
fino all'infermeria.
Alcuni reclusi sono saliti sul tetto e altri hanno spaccato tre o quattro
porte di ferro e hanno quasi raggiunto il muro di cinta.

Tutto il centro è pieno di polizia, diversamente da quanto dichiarato ufficialmente: sono dappertutto - ­ in tenuta
antisommossa, con manganelli, scudi e caschi ­ - e ad un certo punto
cominciano anche a sparare, ma anche questa mattina chi gestisce il cie ha negato quanto ascoltato con le nostre orecchie dalle corrispondenze con il centro.
E' notizia da confermare l'evasione di tre reclusi.
Le ultime notizie che abbiamo riportano di “smistamenti” e di presunti responsabili della rivolta portati via dalla mensa. La situazione sembra, al di la' di questo, "tranquilla". Dal femminile, intanto, oggi sono state deportate due ragazze nigeriane.


'''Misure cautelari agli attivisti di Chiaiano'''
Line 49: Line 57:

ITALIA

'''Perde il lavoro, si butta dal sesto piano'''

Un uomo di 60 anni, licenziato lo scorso ottobre, si è buttato dal balcone del suo appartamento al sesto piano di un edificio in zona Cinecittà, periferia est della capitale.
A raccontare ai soccorritori la disperazione dietro quel gesto e' stata la moglie, consapevole dello stato d'animo, della crisi in cui da ottobre, da quando aveva perso il lavoro, era entrato il marito, 60 anni, e per questo gli stava vicino piu' che poteva: ma e' bastato un attimo di distrazione - ha detto ai soccorritori - un momento in cui non era nella stanza con lui, che l'uomo ha deciso di farla finita.
Si e' buttato dal sesto piano, ed e' morto sul colpo, riferisce il 118. Non ha lasciato biglietti o messaggi - dice la polizia che e' intervenuta - ma la moglie ha spiegato cosi' il suo gesto: non sapeva darsi pace da quando ad ottobre aveva perso il lavoro, era depresso.

ISRAELE
IMMIGRAZIONE: VITTIME E ARRESTI AL CONFINE CON L’EGITTO

Con l’uccisione di un giovane eritreo di 26 anni, ammazzato ieri al confine tra Egitto e Israele, sale a 12 il numero dei migranti assassinati lungo la frontiera del Sinai. Lo hanno riferito fonti della sicurezza egiziana, precisando che le guardie di frontiera hanno aperto il fuoco ieri contro un gruppetto di migranti che stava cercando di entrare in territorio israeliano: il bilancio dell’operazione è di un giovane ucciso, due feriti e di altre 11 persone arrestate, tra cui tre donne etiopiche e un bambino di due anni. Nel fine settimana altri due giovani eritrei (33 e 31 anni) erano stati uccisi con modalità identiche. Dopo anni di politica tollerante, dal 2007 il governo egiziano ha moltiplicato l’utilizzo della forza alla frontiera a causa di forti pressioni israeliane. L’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha chiesto all’inizio del mese di Marzo l’apertura di un’inchiesta indipendente sugli omicidi commessi alla frontiera con Israele. Secondo le stime (altre fonti ritengono che il bilancio reale di queste vittime sia molto più elevato) citate dal commissario Onu tra Luglio 2007 e Ottobre 2008 almeno 33 migranti sono stati uccisi nel Sinai; poi, dopo un’apparente pausa di sei mesi, altre 19 persone hanno perso la vita tra Maggio e Dicembre 2009. Questa rotta migratoria viene segnalata “in crescita” dagli esperti, soprattutto tra gli africani provenienti dalle zone orientali del continente (Somalia, Sudan, Etiopia, Eritrea). Sia l’Onu che le organizzazioni dei diritti umani hanno più volte sottolineato che proprio per la loro provenienza, molti dei migranti che passano per il Sinai sono potenziali richiedenti asilo.

'''Pena morte: Amnesty, 2009,esecuzioni 714
Cina esclusa, rapporto sfida 'muro' informazione Pechino'''
   
Pena morte: Amnesty, 2009,esecuzioni 714 (ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nel 2009, almeno 714 persone sono state messe a morte nel mondo. Lo rende noto l'ultimo rapporto di Amnesty International. L'organizzazione precisa che dal totale mancano i dati della Cina. Amnesty per la prima volta sfida il muro innalzato da Pechino sulle cifre delle 'migliaia' di condanne inflitte ed eseguite e non pubblica gli scarsi dati in suo possesso. Le 714 esecuzioni sono avvenute in 18 Paesi del mondo, contro le 2390 in 25 Stati registrate nel 2008.

 '''Potrebbe essere rivista la fornitura di armi britanniche a Israele'''
Londra, 30 marzo - Stando al The Guardian di Londra, un gruppo di parlamentari britannici potrebbe chiedere al governo di rivedere le modalità di vendita di armi britanniche a Israele, dopo voci secondo cui armi britanniche sono state usate da Israele nell'aggressione terroristica ai danni della striscia di Gaza, tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009.


 '''Turchia, tre militari uccisi in attentato attribuito ai separatisti curdi'''

Un ordigno esplosivo ha ucciso i militari in una provincia curda al confine con l'Iraq. L'esercito accusa i separatisti del Pkk

Tre militari turchi sono morti questa mattina nell'esplosione di una mina presso la località di Cukurka, nella provincia di Hakkari al confine con l'Iraq. Fonti militari, rilanciate dall'emittente privata Ntv, riferiscono che la mina sarebbe stata collocata da ribelli separatisti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). L'ordigno comandato a distanza sarebbe esploso al passaggio del veicolo sul quale viaggiavano i militari.
I militanti del Pkk utilizzano le zone dell'Iraq settentrionale come base per lanciare attacchi contro l'esercito turco.

'''Somalia'''
 organizzate proteste contro i ribelli islamici che controllano il sud della Somalia

Centinaia di persone hanno manifestato oggi lungo le strade di Mogadiscio, per protestare contro i militanti di Al-Shabaab. I manifestanti, tra i quali molte donne e bambini, hanno intonato slogan contro il gruppo islamista radicale che controlla la maggior parte del sud della Somalia. Si tratterebbe in assoluto della seconda manifestazione pubblica contro gli Shabaab. La protesta è stata organizzata nei pochi distretti di Mogadiscio controllati dal governo. Uno degli organizzatori, Moyhadin Hassan Afrah, ha detto che la gente ha deciso di manifestare dopo la profanazione, ad opera degli stessi ribelli islamici, delle tombe di alcuni religiosi sufi. Afrah ha dichiarato di aver marciato anche contro la presenza di combattenti stranieri al servizio degli Shabaab.

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Appunti e note redazionali

Fonti

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Sommario

In primo Piano


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Ponte Galeria

Verso la mezzanotte del 29 marzo una nuova rivolta scoppia nel Cie di Ponte Galeria. I reclusi riescono a parlare con Radio ondarossa e raccontano... È mezzanotte e mezzo quando dai reclusi del Cie di Ponte Galeria [Roma] arriva un sms a radio ondarossa: «un casino della madonna!». Chi riesce a parlare al telefono con i redattori della radio racconta che intorno alle 23.00 è scoppiata una rivolta, per protestare contro l’ennesimo pestaggio. I materassi bruciano e ci sono due grossi fuochi che si alzano arrivando fino all’infermeria. Alcuni reclusi sono saliti sul tetto e altri hanno spaccato tre o quattro porte di ferro e hanno quasi raggiunto il muro di cinta. Tutto il centro è pieno di polizia: sono dappertutto – in tenuta antisommossa, con manganelli, scudi e caschi – e ad un certo punto cominciano anche a sparare. Mentre un altro recluso racconta i motivi della rivolta, si sente chiaramente il rumore degli spari. I motivi per protestare sono tanti, raccontano, innanzitutto il prolungamento fino a sei mesi – «sei mesi sono troppi!» – poi la somministrazione massiccia e quotidiana di psicofarmaci, tanto che la gente sta a letto tutto il giorno e dorme fino a mezzogiorno. C’è gente «di tutti i colori» – spiegano i reclusi – ci sono persone che stanno in Italia da vent’anni e che ora si ritrovano rinchiuse nel Cie. Ci sono tossicodipendenti e alcoolizzati, diabetici, asmatici e malati di epatite, a cui non viene somministrata la terapia di cui avrebbero bisogno e che era stata loro prescritta dal medico. Ogni sera c’è gente che ingoia lamette e se ti lamenti ti rispondono male, minacciano di chiamare la polizia, l’esercito e i carabinieri. Se chiedi di essere curato o portato in ospedale ti dicono che stai fingendo perché vuoi scappare. In questi giorni un recluso ha sbattuto la testa al muro per la disperazione e un altro che protestava è stato picchiato così forte che gli hanno rotto i denti. Stessa sorte è toccata a un gruppo di reclusi che la notte tra domenica e lunedì erano saliti sul tetto per cercare di scappare: tutti riportati a forza nelle gabbie e riempiti di botte. «Qui ci trattano come cani», continuano a ripetere i reclusi. «Ci sequestrano tutto: shampoo, sapone e dopobarba, perché devi usare solo quello che forniscono loro». Sequestrano gli accendini ma nello spaccio interno vendono i cerini, come se con i cerini non si potesse accendere un fuoco… Lo scopo – sostengono i reclusi – è di impedire che si ripeta ciò che era avvenuto il 13 marzo scorso quando, durante il presidio che si stava svolgendo all’esterno, alcuni di loro erano saliti sul tetto e avevano dato fuoco a coperte e materassi. Ora la storia si ripete, il Cie brucia e i reclusi chiedono insistentemente che qualcuno da fuori venga a vedere cosa succede lì dentro… Nel frattempo, a un certo punto della notte al telefono non risponde più nessuno: non ci è dato sapere se qualcuno è riuscito a scappare, né se i telefoni siano stati sequestrati o se i reclusi stiano semplicemente dormendo.

Misure cautelari agli attivisti di Chiaiano Non bastava l’immondizia che sta riempiendo e distruggendo il parco delle colline. Non bastavano le botte prese dai manifestanti nei giorni della protesta. A due anni dalla rivolta di Chiaiano la polizia si è presentata a casa degli attivisti del presidio per notificare 5 provvedimenti di misura cautelare tra arresti domiciliari e obbligo di firma per "pericolosità sociale". Gli eventi sono quelli famosissimi delle prime cariche a Chiaiano del 23 maggio 2008 quando la polizia caricò il presidio. Era il prologo delle cariche del giorno dopo quando due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di morire. Gli elementi che a distanza di così tanto tempo qualificherebbero la "pericolosità sociale" sono ancora più incredibili: per Egidio e Davide è il fatto di essere stati fermati in un camion (quello della manifestazione dello Jatevenne Day il 30 settembre 2008) insieme al proprietario dello stesso che nel camion teneva una falce. Situazione per la quale all'epoca del fermo del camion non ricevettero nessuna accusa perché fu subito accertato che la falce apparteneva al proprietario che di mestiere fa il contadino. Per Pietro addirittura la situazione è paradossale: proprio il 23 maggio fu fermato durante le cariche e processato per resistenza. Quindi sarebbe due volte inquisito per le stesse cose!! E l'elemento che secondo il Pm accerterebbe la sua "pericolosità", il fatto di parlare col megafono agli altri manifestanti, è stato già derubricato nel giudizio del tribunale come un atto non rivolto ad aizzare la folla ma a mantenere la calma. E così a pagare sono ancora una volta le persone che lottano per il diritto alla salute di tutti e che cercano di esprimere il proprio dissenso ad una scellerata politica dei rifiuti. Ascoltiamo una corrispondenza con un compagno di Napoli.


Gr 13:00

Non bastava l’immondizia che sta riempiendo e distruggendo il parco delle colline. Non bastavano le botte prese dai manifestanti nei giorni della protesta. A due anni dalla rivolta di Chiaiano la polizia si è presentata a casa degli attivisti del presidio per notificare 5 provvedimenti di misura cautelare tra arresti domiciliari e obbligo di firma per "pericolosità sociale". Gli eventi sono quelli famosissimi delle prime cariche a Chiaiano del 23 maggio 2008 quando la polizia caricò il presidio. Era il prologo delle cariche del giorno dopo quando due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di morire. Gli elementi che a distanza di così tanto tempo qualificherebbero la "pericolosità sociale" sono ancora più incredibili: per Egidio e Davide è il fatto di essere stati fermati in un camion (quello della manifestazione dello Jatevenne Day il 30 settembre 2008) insieme al proprietario dello stesso che nel camion teneva una falce. Situazione per la quale all'epoca del fermo del camion non ricevettero nessuna accusa perché fu subito accertato che la falce apparteneva al proprietario che di mestiere fa il contadino. Per Pietro addirittura la situazione è paradossale: proprio il 23 maggio fu fermato durante le cariche e processato per resistenza. Quindi sarebbe due volte inquisito per le stesse cose!! E l'elemento che secondo il Pm accerterebbe la sua "pericolosità", il fatto di parlare col megafono agli altri manifestanti, è stato già derubricato nel giudizio del tribunale come un atto non rivolto ad aizzare la folla ma a mantenere la calma. E così a pagare sono ancora una volta le persone che lottano per il diritto alla salute di tutti e che cercano di esprimere il proprio dissenso ad una scellerata politica dei rifiuti. Ascoltiamo una corrispondenza con un compagno di Napoli.

ITALIA

Perde il lavoro, si butta dal sesto piano

Un uomo di 60 anni, licenziato lo scorso ottobre, si è buttato dal balcone del suo appartamento al sesto piano di un edificio in zona Cinecittà, periferia est della capitale. A raccontare ai soccorritori la disperazione dietro quel gesto e' stata la moglie, consapevole dello stato d'animo, della crisi in cui da ottobre, da quando aveva perso il lavoro, era entrato il marito, 60 anni, e per questo gli stava vicino piu' che poteva: ma e' bastato un attimo di distrazione - ha detto ai soccorritori - un momento in cui non era nella stanza con lui, che l'uomo ha deciso di farla finita. Si e' buttato dal sesto piano, ed e' morto sul colpo, riferisce il 118. Non ha lasciato biglietti o messaggi - dice la polizia che e' intervenuta - ma la moglie ha spiegato cosi' il suo gesto: non sapeva darsi pace da quando ad ottobre aveva perso il lavoro, era depresso.

ISRAELE IMMIGRAZIONE: VITTIME E ARRESTI AL CONFINE CON L’EGITTO

Con l’uccisione di un giovane eritreo di 26 anni, ammazzato ieri al confine tra Egitto e Israele, sale a 12 il numero dei migranti assassinati lungo la frontiera del Sinai. Lo hanno riferito fonti della sicurezza egiziana, precisando che le guardie di frontiera hanno aperto il fuoco ieri contro un gruppetto di migranti che stava cercando di entrare in territorio israeliano: il bilancio dell’operazione è di un giovane ucciso, due feriti e di altre 11 persone arrestate, tra cui tre donne etiopiche e un bambino di due anni. Nel fine settimana altri due giovani eritrei (33 e 31 anni) erano stati uccisi con modalità identiche. Dopo anni di politica tollerante, dal 2007 il governo egiziano ha moltiplicato l’utilizzo della forza alla frontiera a causa di forti pressioni israeliane. L’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha chiesto all’inizio del mese di Marzo l’apertura di un’inchiesta indipendente sugli omicidi commessi alla frontiera con Israele. Secondo le stime (altre fonti ritengono che il bilancio reale di queste vittime sia molto più elevato) citate dal commissario Onu tra Luglio 2007 e Ottobre 2008 almeno 33 migranti sono stati uccisi nel Sinai; poi, dopo un’apparente pausa di sei mesi, altre 19 persone hanno perso la vita tra Maggio e Dicembre 2009. Questa rotta migratoria viene segnalata “in crescita” dagli esperti, soprattutto tra gli africani provenienti dalle zone orientali del continente (Somalia, Sudan, Etiopia, Eritrea). Sia l’Onu che le organizzazioni dei diritti umani hanno più volte sottolineato che proprio per la loro provenienza, molti dei migranti che passano per il Sinai sono potenziali richiedenti asilo.

Pena morte: Amnesty, 2009,esecuzioni 714 Cina esclusa, rapporto sfida 'muro' informazione Pechino

Pena morte: Amnesty, 2009,esecuzioni 714 (ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nel 2009, almeno 714 persone sono state messe a morte nel mondo. Lo rende noto l'ultimo rapporto di Amnesty International. L'organizzazione precisa che dal totale mancano i dati della Cina. Amnesty per la prima volta sfida il muro innalzato da Pechino sulle cifre delle 'migliaia' di condanne inflitte ed eseguite e non pubblica gli scarsi dati in suo possesso. Le 714 esecuzioni sono avvenute in 18 Paesi del mondo, contro le 2390 in 25 Stati registrate nel 2008.

  • Potrebbe essere rivista la fornitura di armi britanniche a Israele

Londra, 30 marzo - Stando al The Guardian di Londra, un gruppo di parlamentari britannici potrebbe chiedere al governo di rivedere le modalità di vendita di armi britanniche a Israele, dopo voci secondo cui armi britanniche sono state usate da Israele nell'aggressione terroristica ai danni della striscia di Gaza, tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009.

  • Turchia, tre militari uccisi in attentato attribuito ai separatisti curdi

Un ordigno esplosivo ha ucciso i militari in una provincia curda al confine con l'Iraq. L'esercito accusa i separatisti del Pkk

Tre militari turchi sono morti questa mattina nell'esplosione di una mina presso la località di Cukurka, nella provincia di Hakkari al confine con l'Iraq. Fonti militari, rilanciate dall'emittente privata Ntv, riferiscono che la mina sarebbe stata collocata da ribelli separatisti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). L'ordigno comandato a distanza sarebbe esploso al passaggio del veicolo sul quale viaggiavano i militari. I militanti del Pkk utilizzano le zone dell'Iraq settentrionale come base per lanciare attacchi contro l'esercito turco.

Somalia

  • organizzate proteste contro i ribelli islamici che controllano il sud della Somalia

Centinaia di persone hanno manifestato oggi lungo le strade di Mogadiscio, per protestare contro i militanti di Al-Shabaab. I manifestanti, tra i quali molte donne e bambini, hanno intonato slogan contro il gruppo islamista radicale che controlla la maggior parte del sud della Somalia. Si tratterebbe in assoluto della seconda manifestazione pubblica contro gli Shabaab. La protesta è stata organizzata nei pochi distretti di Mogadiscio controllati dal governo. Uno degli organizzatori, Moyhadin Hassan Afrah, ha detto che la gente ha deciso di manifestare dopo la profanazione, ad opera degli stessi ribelli islamici, delle tombe di alcuni religiosi sufi. Afrah ha dichiarato di aver marciato anche contro la presenza di combattenti stranieri al servizio degli Shabaab.

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