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ITALIA

Scuola: precario minaccia suicidio

Un precario della scuola, Filippo La Spisa, minaccia di buttarsi dalla sede dell'ufficio scolastico provinciale perche' rimasto senza lavoro L'uomo, 51 anni, e' salito nell'edificio dopo avere appreso che non rientra nella graduatoria per poter ottenere l'incarico. All'ex provveditorato sono in corso le convocazioni per collaboratori scolastici, amministrativi e tecnici. E' intervenuta la polizia.

Omnia, blitz del commissario.Fuori tutti, lasciate le chiavi

L'azienda verso l'amministrazione straordinaria, novanta posti a rischio.I lavoratori e le lavoratrici dipendenti occupano il call center. Il Pd cerca una mediazione, un incontro lunedì per spiegare le prossime mosse. Nel giro di 24 ore la situazione dei dipendenti e delle dipendenti di Omnia Service center è precipitata. Mercoledì scorso l'amministratore giudiziario che ha in mano l'azienda ha comunicato loro che la loro cassa integrazione non sarebbe più stata a rotazione bensì a zero ore. Insomma, che da oggi quel poco di lavoro che ancora c'era non si sarebbe più fatto. Ieri sera, a fine turno, negli uffici di via Pianezza 123 si è presentato un individuo dicendo di essere stato mandato dal commissario Dario Trevisan per ritirare le chiavi della sede. Di fronte a un'escalation del genere la loro reazione è stata una sola: l'occupazione. La crisi di Omnia service, che in via Pianezza ha una novantina di addetti, dura da mesi. E il commissario sta cercando di traghettarla verso l'amministrazione straordinaria. I lavoratori intanto ruotano a turno per portare avanti l'ultima commessa che hanno e che scadrà a dicembre: la gestione del call center della Aes. Per questo la decisione di chiudere la sede è apparsa anomala. E quando si è presentato l'emissario dell'avvocato Trevisan, hanno immediatamente proclamato l'occupazione e hanno chiamato gli esponenti del Pd che fino a quel momento avevano seguito la loro sorte. Sul posto sono arrivati il parlamentare Stefano Esposito, l'assessore al Lavoro Carlo Chiama e il consigliere comunale Enzo Lavolta. Esposito ha contattato l'amministratore giudiziario, che gli ha spiegato che si tratta di una chiusura soltanto momentanea e di essere disposto incontrare lunedì prossimo lavoratori e politici per discutere del futuro dell'azienda. E poi hanno concordato che a custodire le chiavi in attesa di quel giorno sarà proprio il deputato del Partito democratico. Nel frattempo i dipendenti andranno avanti ad occupare: "Fino a quando non avremo maggiori certezze sul futuro dell'azienda - dice Eric Poli, funzionario della Slc-Cgil, che ha appoggiato la forma di protesta - la mobilitazione andrà avanti. Faremo di tutto per evitare che le chiamate indirizzate al call center di Torino vengano deviate a Milano. È paradossale contestare un amministratore giudiziario, ma siamo dell'idea che dove il lavoro c'è bisogna tenerselo stretto".

ESTERI

Brasile, elezioni: vittoria a metà per Dilma Roussef, erede di Lula: va al ballottaggio con Serra

Dilma Roussef, la candidata del Partido de los Trabajadores (Pt), non ce l'ha fatta. Nonostante i sondaggi la dessero vincitrice al primo turno, la delfina di Lula ha strappato solo una vittoria a metà nelle presidenziali di ieri, 3 ottobre, ottenendo il 46,7 percento dei voti. Il suo diretto rivale, José Serra, del Partido de la Social Democracia Brasileña (PSDB), si è invece piazzato al 32,6. Vera sorpresa di queste elezioni, la pasionaria del Partido Verde (PV), Marina Silva, con il 19,4 percento dei suffragi. Nessun altro dei candidati delle sei formazioni politiche che hanno concorso a queste elezioni ha superato la barriera dell'1 percento. Nonostante sia stata la più votata, dunque, Dilma Rousseff dovrà affrontare un testa testa con Serra il 31 ottobre prossimo. E ago della bilancia saranno i seguaci di Silva, perché a sperarare i due aspiranti alla presidenza è soltanto un 14 percento. E' chiaro, dunque, che per espugnare il ballottaggio, adesso, entrambi i candidati dovranno comportarsi bene con l'Amazzonia e i temi cari ai Verdi.

NUOVI SCONTRI A MOGADISCIO DOPO UN FINE SETTIMANA DI VIOLENZE

È di una decina di morti e una ventina di feriti il bilancio degli scontri in corso da ieri sera nella capitale somala tra soldati dell’esercito regolare, militari della missione dell’Unione Africana (Amisom) e uomini dell’insurrezione armata anti-governativa. I combattimenti avvengono al termine di un fine settimana segnato dalle violenze, come il bombardamento di una scuola coranica nel distretto di Hodan, in cui sono morti almeno tre studenti e il massiccio scontro a fuoco avvenuto al passaggio del convoglio presidenziale al rientro dall’estero, lungo l’area ‘Chilometro quattro’ a ridosso dell’aeroporto internazionale. A preoccupare i ‘caschi verdi’ africani dispiegati a Mogadiscio, tuttavia, non è solo la situazione sul campo ma i dissidi interni alle istituzioni che inevitabilmente si riflettono sugli esiti della controffensiva all’insurrezione. “L’esercito del governo federale ha subito gli effetti negativi della confusione in seno al governo e al parlamento” ha detto il generale Nathan Mugisha, comandante del contingente Amisom, precisando che “adesso le truppe stanno riorganizzandosi, e con l’aiuto delle istituzioni riusciranno a riprendere il controllo totale sulla capitale”.

Afghanistan: 14 vittime civili, cinque bambini

KABUL - Almeno 14 civili, fra cui cinque bambini, sono morti nelle ultime 24 ore in varie località dell'Afghanistan per attentati dei talebani e incidenti fra questi ultimi e le forze della Nato.

La polizia afghana ha infatti reso noto oggi che sette membri di una stessa famiglia, fra cui donne e tre bambini, sono morti ieri quando il veicolo su cui viaggiavano nel distretto di Yahakhel (provincia sud-orientale di Paktika) è saltato su una mina collocata presumibilmente dagli insorti.

In precedenza, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) aveva reso noto che altri due bimbi erano morti, uno per l'esplosione di una bomba collocata dagli insorti in Helmand ed un altro in uno scontro a fuoco ad opera di militari stranieri nella provincia di Kandahar.

Successivamente il capo della polizia di Helmand, Abdul Hakim Angar, ha sostenuto che un bombardamento aereo della Coalizione internazionale ha ucciso numerosi talebani, ma anche tre civili.

Infine, in un comunicato serale l'Isaf ha rivelato che due civili sono morti mentre era in corso uno scontro a fuoco con i talebani nel distretto di Baraki Barak, nella provincia orientale di Logar.

Algeria, 6 soldati uccisi da guerriglieri integralisti in Cabilia

Almeno sei militari dell'esercito algerino sono morti e dieci sono rimasti sabato sera in Cabilia in un'imboscata tesa da un gruppo armato legato ad Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). Lo riferisce stamane il quotidiano Al Watan.

I soldati sono stati sorpresi da una serie di esplosioni seguite da una sparatoria, a Zekri, vicino a Tizi Ouzou.

Da due giorni, le forze di sicurezza sono impegnate in un' imponente operazione nella regione dove sono ancora attivi diversi gruppo del braccio nordafricano di Al Qaida.

Negli ultimi anni la Cabilia è diventata epicentro della lotta tra le forze di sicurezza alegrine e i combattenti dell'ex Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (Cspc), dal 2005 affiliatisi ad Al Qaeda sotto la sigla Aqmi.

Dal 2005 a oggi, secondo il governo di Algeri, circa 1.300 membri dei gruppi armati di matrice islamica sono stati uccisi e oltre 7.500 hanno deposto le armi con l' entrata in vigore della Carta per la pace e la Riconciliazione nazionale.

Israele-Palestina, coloni israeliani danno fuoco a una moschea in Cisgiordania

Un gruppo di coloni israeliani ha dato fuoco, questa mattina, ad una moschea nel villaggio di Bayt al-Fajr, a sud di Betlemme, in Cisgiordania.

Gli assalitori hanno prima scritto con delle bombolette spray frasi offensive contro i palestinesi sulle mura del luogo di culto. Poi hanno dato fuoco all'edificio.

Nelle fiamme sono andate distrutte alcune copie del Corano e buona parte della costruzione. Richiamati dal fumo un gruppo di palestinesi ha raggiunto il luogo dell'incendio e ha ingaggiato una rissa con i coloni.

Sulle mura della moschea di al-Anbià era stato scritto in ebraico "etichetta del prezzo". Probabilmente in riferimento al prezzo che deve pagare, secondo i vandali, chi impedisce agli insediamenti ebraici di allargarsi.

La polizia sta indagando sul fatto, ma Amnesty International ha dichiarato che "l'impunità rimane la norma" in questo genere di eventi. Atti in cui i coloni attaccano i palestinesi fisicamente o con raid vandalici.

All'inizio dell'anno un'altra moschea era stata data alle fiamme in Cisgiordania. Alcuni israeliani avevano accusato i palestinesi di averla costruita sulla loro terra.

Olanda, a processo l'islamofobo Geert Wilders: Difendo libertà di espressione

Geert Wilders, leader olandese a capo del Partito delle libertà, Pvv, ha definito 'processo politico' quello che si apre oggi contro di lui per incitamento all'odio razziale.

Il politico è stato accusato di discriminazione contro i musulmani per aver paragonato la fede islamica al nazismo e per aver sostenuto la necessità di bandire il Corano, teorie esposte nel suo documentario anti islamico Fitna.

"La libertà di espressione di almeno 1,5 milioni di persone sarà con me in tribunale", ha commentato su Twitter, in riferimento al numero di voti ottenuti a giugno scorso dal Pvv, diventato, con 24 deputati, il terzo partito olandese, sulla base di una piattaforma nettamente anti islamica.

Per le sue affermazioni Wilders rischia fino ad un anno di carcere e una multa di 10mila euro. Il suo avvocato, Bram Moszkowicz, ha affermato che il processo "è un tentativo di imbavagliare uno dei principali esponenti politici olandesi".

Numerosi sostenitori del capo del Pvv intendono presentarsi al processo insieme ai deputati del partito. Wilders è stato dichiarato 'persona non grata' in Gran Bretagna, dove doveva recarsi per presentare il suo documentario, ma successivamente la misura è stata revocata.

Bosnia Erzegovina, elezioni: Izetbegovic a sorpresa sarà il copresidente della federazione

Riconfermati gli altri due presidenti uscenti della presidenza tripartita, il serbo Nebojsa Radmanovic e il croato Zeljko Komsic, riconfermati dalle urne

Bakir Izetbegovic a sorpresa sarà il copresidente della federazione di Bosnia ed Erzegovina assieme ai due presidenti uscenti della presidenza tripartita, il serbo Nebojsa Radmanovic e il croato Zeljko Komsic, riconfermati dalle urne. Izetbegovic si è imposto sul leader nazionalista musulmano Haris Silajdzic, presidente uscente e dato come favorito nelle elezioni di ieri. Un risultato che è già stato annunciato dopo l'80 percento dei voti scrutinati. Sarà Izetbegovic, dunque, che andrà a sedersi accanto ai colleghi serbo e croato nella presidenza tripartita, che non avrà che da guadagnarci da questo risultato, dato che il vincitore è un moderato molto favorevole al dialogo con la comunità serba. Tutt'altra personalità rispetto a quella dello sconfitto Haris Silajdzic, da sempre su posizioni più radicali e intransigenti. Per ora, Izetbegovic ha raccolto il 34 percento dei consensi, davanti al magnate dell'editoria Fahrudin Radoncicn con il 30 circa, mentre Silajdzic è solo terzo intorno al 25. Izetbegovic ha 54 anni ed è figlio di Alija Izetbegovic, figura carismatica della comunità musulmana durante la guerra (1992-1995), e uno degli artefici dell'indipendenza della Bosnia. Se tale risultato, come è oramai probabile, sarà confermato, sarà dunque un passo importante verso l'avvicinamento fra le comunità musulmana e serba, la cui contrapposizione è alla base dell'impasse politico che frena il cammino della Bosnia verso l'integrazione europea.

Siparietto


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gror101004 (last edited 2010-10-04 13:11:53 by anonymous)