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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

In primo Piano

ESTERI

LIBIA: uranio impoverito nei missili lanciati da britannici e americani

I Cruise lanciati sulla Libia contengono uranio impoverito, le cui conseguenze, nel peggiore dei casi, potrebbero essere stimabili nell'ordine di seimila morti. A lanciare l'allarme è il professor Massimo Zucchetti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Torino, esperto di radioprotezione e autore di numerosi lavori scientifici sull'uranio impoverito. Nello studio di Zucchetti si prendono in esame i missili Cruise Tomahawk, prodotti dalla statunitense Raytheon. Utilizzati nella Guerra del Golfo del 1991, i bombardamenti Nato sulla Bosnia nel 1995, sulla Jugoslavia nel 1999, nel 2001 in Afghanistan e nel 2003 in Iraq. In Libia ne sono stati esplosi finora oltre cento, lanciati da unità navali britanniche e statunitensi nel Mediterraneo. Le truppe fedeli al colonnello Gheddafi avrebbero aperto il fuoco sui civili questa mattina a Misurata, causando la morte di almeno nove persone. La notizia è stata diffusa dall'emittente satellitare al-ArabiyA. Il testimone che avrebbe raccontato tutto alla tv ha fatto anche sapere che lungo la via principale della città sarebbero appostati diversi cecchini che sparerebbero raffiche di mitra contro i ribelli.

STATI UNITI: PROTESTE CONTRO L'INTERVENTO ARMATO IN LIBIA

Un centinaio di dimostranti contrari all'intervento armato in Libia hanno manifestato ogg ieri davanti alla Casa Bianca a Washington, e nella zona di Times Square a New York. Proteste analoghe si sono svolte in altre città, tra cui Chicago, San Francisco e Los Angeles. I manifestanti chiedono l'immediata fine dei bombardamenti, e l'immediato ritiro di tutte le truppe americane dall'Iraq. Alcuni manifestanti a Washington sono stati fermati. Tra gli altri anche Daniel Ellsberg, l'analista militare che nel 1971 fece trapelare i cosiddetti 'Pentagon Papers', i documenti riservati del Pentagono che rivelavano i segreti della guerra in Vietnam.

CILE, BRASILE: Barack Obama contestato da migliaia di manifestanti

Organizzazioni ambientaliste, movimenti sociali, così come tutti i partiti della sinistra cilena si sono mobilitati ieri per manifestare contro il presidente Usa in visita a Santiago. Al centro delle proteste l'accordo nucleare firmato dalla Moneda con gli Stati Uniti venerdì scorso e suggellato ieri con la stretta di mano fra Pinera e Obama. Il riferimento al disastro giapponese è stato al centro di ogni slogan di protesta, anche se non è mancato nemmeno il ripudio dell'attacco alla Libia. "Energia nucleare, energía di morte". "Obama = morte". "Né l'invasione della Libia, né l'energia nucleare", sono soltanto alcune delle frasi scritte dai partecipanti in quella che è stata battezzata la "Manifestazione per la pace e contro la guerra". "La politica internazionale degli Usa non è cambiata con Obama - ha spiegato Guillermo Teillier, presidente del partito comunista cileno -, che arriva in Cile imponendo un accordo sull'energia nucleare, un'assurdità accettata dal governo cileno, che ora sottomette tutte le priorità all'installazione delle centrali nucleari". Un atteggiamento quello degli Stati Uniti che ha definito "di totale ingerenza". Per questo fra gli altri, sventolavano scritte quali "Obama persona non gradita". Le manifestazioni sono iniziate domenica e hanno tenuto banco per tutta la giornata di ieri a partire da mezzogiorno, ora prefissata dell'arrivo del presidente Usa. In una Santiago militarizzata da cordoni di sicurezza in tenuta antisommossa, la gente a migliaia, ha sfilato pacifica, ma determinata, in differenti punti della capitale. Stessa reazione in Brasile, dove il presidente americano è appena stato. Molte le proteste organizzate da varie organizzazione di sinistra a Rio de Janeiro. Questioni al centro del rigetto generale la politica imperialista e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull'intervento militare in Libia, visto che è dal suolo brasiliano che è arrivata la decisione del capo di stato Usa di attaccare Gheddafi. Il Movimento Sem Terra e la Central Única de Trabajadores de Brasil (CTB) hanno accusato Obama di voler rubare le risorse naturali brasiliane. A niente sono valsi i discorsi sorridenti del presidente nero, che ha parlato con entusiasmo della crescita economica verdeoro e ha dichiarato di voler diventare uno dei clienti principali delle sue fonti energetiche. Per questo, la vigilia del suo arrivo a Rio, è stata caratterizzata con una plenaria di duecento rappresentati dei movimenti sociali e dei sindacati del paese, conclusasi con una dichiarazione ufficiale che definiva Obama persona sgradita in Brasile. "Non accettiamo il mantenimento del blocco contro Cuba, le provocazioni contro il Venezuela, il Nicaragua, la Bolivia e l'Ecuador", spiegava il testo.

YEMEN: Dimissioni di ministri, defezioni di militari dopo l'eccidio di venerdì

Si sono mossi i tank. Si sono posizionati davanti al palazzo presidenziale e a difesa dei centri nevralgici dello stato, come la Banca Centrale e il ministero della Difesa. Nel momento in cui l'esercito entra in scena con tanta prepotenza, si ha la quasi certezza che la rivoluzione yemenita sia entrata in una fase cruciale. Da settimane si susseguivano manifestazioni contro il regime ultratrentennale di Alì Abdullah Saleh, proteste divampate a Sana'a, con un presidio permanente davanti alla sede dell'università, e propagatesi nel resto del Paese. Uno stato di tensione che si è aggravato venerdì, quando attivisti pro-governo hanno sparato sui contestatori a piazza Taghyeer, facendo 52 morti. Una carneficina che è un punto di non ritorno. Inutilmente, Saleh si è affrettato a esternare il cordoglio per le vittime innocenti e a precisare che sono stati semplici cittadini ad attaccare i manifestanti ma nessuno è tanto ingenuo da credere che non ci siano gli apparati di sicurezza dietro la mattanza. Nemmeno l'Onu e gli Stati Uniti che hanno condannato come "inaccettabile" la violenza del regime, che intanto perde pezzi. Venerdì, con il sangue ancora fresco sui marciapiedi, si era dimesso il ministro del Turismo, Nabil al Faqih, seguito dal ministro per i Diritti umani, Huda al-Baan e dal suo sottosegretario Ali Taysir e dal ministro degli Affari religiosi Hamoud al-Hitar. Hanno abbandonato il loro posto anche l'ambasciatore alle Nazioni Unite, quello in Libano, il governatore della regione di Aden e il capo dell'agenzia di stampa di stato e 24 parlamentari del partito di maggioranza. Tutti si sono fatti da parte accusando il regime di aver "massacrato degli innocenti". In molti sono passati con il fronte della "rivoluzione della gioventù" - riferisce l'agenzia Irin - sono tornati nelle loro aree tribali e hanno cominciato a mobilitare i propri sostenitori a sostegno dei rivoluzionari. Lealtà claniche che potrebbero rivelarsi determinanti, dal momento che la stessa tribù del presidente, quella degli Hashed, ha chiesto a Saleh di farsi da parte.

EGITTO: REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE: VINCONO I ‘SÌ’ ALLE MODIFICHE

Un voto “storico” e un’affluenza “senza precedenti”: sono i titoli con cui la stampa nazionale, dai quotidiani filo-governativi a quelli indipendenti, annuncia la vittoria del ‘sì’ agli emendamenti costituzionali da parte del popolo egiziano. Il 77,2% degli aventi diritto (circa 14 milioni di persone su una popolazione di oltre 80) ha votato favorevolmente alle modifiche costituzionali proposte: i principali cambiamenti riguardano l’introduzione ad un limite di due mandati presidenziali di quattro anni, a fronte dell’attuale mandato di sei rinnovabile imprecisate volte, e la modifica dei criteri per l’eleggibilità. Il primo test di democrazia nell’era del dopo-Mubarak sancisce dunque una vittoria per il campo dei Fratelli Musulmani, favorevoli al ‘sì’ e per quello del comando superiore delle forze armate che ha organizzato la consultazione in vista delle prossime elezioni. Per il no si erano invece espressi i due principali potenziali candidati alla presidenza, il segretario generale della Lega araba, Amr Mussa e il capo del movimento per il cambiamento Mohamed el Baradei: perché la modifica di una decina di articoli mantiene l'impianto di una Carta fondamentale espressione del vecchio regime, e nella quale rimangono immutati i vasti poteri del presidente. Resta poi immutato l’articolo 2 per cui la legge islamica, la sharia, costituisce la base della legislazione nazionale. Per i copti, circa il 10% della popolazione, che hanno votato compattamente per il no, la riscrittura della Costituzione avrebbe rappresentato anche la possibilità di rivedere questo contestato aspetto.

Pakistan: nuova ondata di disordini a Karachi, 14 morti

Almeno 14 persone sono state uccise nelle ultime 24 ore in diverse sparatorie a Karachi, la più grande metropoli pachistana, dove non si ferma la violenza tra gruppi politici rivali. Secondo le televisioni locali, i disordini sono iniziati durante una protesta del partito locale Muttahida Qaumi Movement (Mqm) dopo un funerale di un esponente politico ucciso ieri. Diversi veicoli sono stati dati alle fiamme. In altre parti della città portuale, gruppi di dimostranti armati hanno preso di mira veicoli delle forze di sicurezza e incendiato un autobus.

ITALIA

Tensione a Lampedusa, dove si trovano circa 5.000 migranti (audio: ROR)

Sono 4.789 gli immigrati presenti attualmente a Lampedusa, a fronte di circa 5.000 abitanti. Gli sbarchi, ormai senza sosta da giorni, sono proseguiti anche durante la notte: nelle ultime 24 ore sono 1.470 gli immigrati arrivati, con 13 diverse imbarcazioni. Intanto oltre un centinaio di libici sono sbarcati nella notte sulle coste del Catanese. Sono arrivati con due barconi: il primo, con una cinquantina di migranti si è incagliato sugli scogli di Riposto, il secondo, con una settantina di persone, è stato intercettato al largo di Catania. Fin'ora sono stati bloccati 117 uomini che hanno detto di essere libici. A Lampedusa, ieri alcune centinaia di abitanti hanno bloccato la banchina commerciale del porto e impedito a un traghetto di attraccare: a bordo della nave c'erano tende e bagni chimici per allestire la tendopoli, che i cittadini non vogliono. "Lampedusa - dicono - non può essere trasformata in un campo profughi a pochi mesi dall'inizio della stagione estiva". Ma c'è anche un appello dai lampedusani per un aiuto: basta con l'atteggiamento disumano del governo nei confronti degli immigrati, chiedono di manifestare in tutta Italia, contro il governo che vuole portarli all'esasperazione.

BRINDISI: REPRESSIONE DOPO LA RIVOLTA, ATTI DI AUTOLESIONISMO (audio: ROR)

GORIZIA: Fuga e arresti nel CIE di Gradisca

Proprio mentre corso Brunelleschi bruciava, anche i reclusi del Centro di Gradisca hanno ricominciato a farsi sentire nonostante siano ammassati nelle sale comuni, per terra, guardati a vista dalla polizia. Non conosciamo la dinamica esatta dei fatti, visto che da quasi un mese ai prigionieri sono vietati i contatti con l’esterno, ma a quanto riportano le agenzie di stampa ieri sera una quindicina di loro è riuscita a sfondare verso il cortile - come era successo giusto due settimane fa - e a tentare la fuga. Sei sono riusciti a dileguarsi, otto invece sono stati arrestati. Con buona pace di Maroni, che ha fatto di tutto perché non venisse più liberato nessuno, e del consorzio Connecting People che sta facendo di tutto per non perdere l’appalto della gestione del Cie, quasiasi siano le condizioni di detenzione dei reclusi.

TORINO: MOLTA TENSIONE NEL CIE (audio: ROR)

Ancora due feriti sul lavoro

Due operai italiani, uno di soli 20 anni, sono rimasti feriti in due incidenti sul lavoro fotocopia, avvenuti nel pomeriggio ad Ancona e Falconara Marittima. Il piu' grave e' il ventenne, precipitato nel capannone dell'azienda dolciaria Giampaoli ad Ancona, mentre installava pannelli fotovoltaici per conto della ditta per cui lavora. Ha riportato fratture al bacino e alle gambe, ed e' in prognosi riservata. Il secondo ferito e' un installatore di insegne luminose, caduto da un'altezza di tre metri a Falconara marittima. E' ricoverato nell'ospedale di Ancona, con un codice di media gravita'.


Gr 13:00

In primo Piano

ESTERI

OBAMA IN BRASILE, REGIONE DIVISA SU INTERVENTO IN LIBIA

La transizione del Brasile verso la democrazia, negli anni, ‘80, può essere un esempio per i paesi del Medio Oriente: è il messaggio con cui Barack Obama si è congedato dal Brasile, prima tappa di un ‘tour’ latinoamericano che lo porterà oggi in Cile e poi in Salvador, oscurato dall’inizio degli attacchi della cosiddetta ‘coalizione dei volenterosi’ contro la Libia. Riferendosi ai movimenti di rivolta che dall’inizio dell’anno agitano il Nordafrica e il Medio Oriente, il capo della Casa Bianca ha detto da Rio de Janeiro che “nessuno può sapere con certezza in cosa si tradurrà questo cambiamento…Ma quando uomini e donne reclamano i loro diritti in modo pacifico, la nostra umanità ne è migliorata”.

Parlando ancora del Brasile, con cui intende “rafforzare le relazioni”, per lo più in campo commerciale ed energetico, e attenuare le frizioni sorte con l’amministrazione Lula sulla gestione di temi internazionali come la questione nuclerare iraniana, Obama lo ha definito “un paese che dimostra come un appello al cambiamento che comincia nella strada può trasformare una città, una nazione e il mondo intero”.

Sta di fatto che il ‘tour’ latinoamericano di Obama non è partito sotto i migliori auspici: l’annuncio, proprio dal Brasile, dell’inizio delle azioni militari statunitensi in Libia, ha diviso i presidenti della regione, mentre il governo di Brasilia ha optato per il silenzio dopo essersi astenuto dal voto della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha autorizzato l’imposizione della ‘no-fly zone’.

Se i presidenti di Colombia, Perù e Panama e il governo del Cile hanno espresso il loro sostegno all’azione militare internazionale, condanne si sono invece levate dai capi di Stato di Venezuela, Bolivia, Paraguay e Nicaragua e dall’esecutivo dell’Ecuador.

“L’impero americano ha preso la decisione di rovesciare Gheddafi, di approfittare dell’insurrezione popolare per rovesciarlo e anche ucciderlo e in un mare di sangue impossessarsi del petrolio” ha detto il presidente del Venezuela Hugo Chavez il cui paese è il principale fornitore di greggio latinoamericano agli Stati Uniti, nonché membro dell’Opec, come la Libia, che a sua volta, fino all’inizio della rivolta, era il quarto maggiore esportatore di petrolio dall’Africa. Per il presidente del Paraguay, l’ex-vescovo Fernando Lugo, “qualsiasi tipo di violenza è ingiustificato”.

Il Cile si prepara oggi ad accogliere Obama per la prima visita di un presidente statunitense nel paese sudamericano in 21 anni. L’arrivo di Obama è stato preceduto da una polemica sul nucleare – il governo del conservatore Sebastián Piñera è interessato ad avanzare nella conoscenza della tecnologia – nel pieno della crisi in Giappone. Organizzazioni di sinistra hanno anche inscenato manifestazioni a Santiago per chiedere alla Casa Bianca l’ammissione formale della sua responsabilità nel golpe militare che nel 1973 depose Salvador Allende e instaurò la feroce dittatura di Augusto Pinochet.

REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE: VINCONO I ‘SÌ’ ALLE MODIFICHE

Un voto “storico” e un’affluenza “senza precedenti”: sono i titoli con cui la stampa nazionale, dai quotidiani filo-governativi a quelli indipendenti, annuncia la vittoria del ‘sì’ agli emendamenti costituzionali da parte del popolo egiziano. Il 77,2% degli aventi diritto (circa 14 milioni di persone su una popolazione di oltre 80) ha votato favorevolmente alle modifiche costituzionali proposte: i principali cambiamenti riguardano l’introduzione ad un limite di due mandati presidenziali di quattro anni, a fronte dell’attuale mandato di sei rinnovabile imprecisate volte, e la modifica dei criteri per l’eleggibilità.

Sui quotidiani ancora le foto di lunghe code davanti alle urne e numerosi giovani che mostrano sorridenti il dito macchiato di inchiostro, segno del voto appena espresso: una novità nel panorama elettorale egiziano in cui proprio le nuove generazioni erano considerate le più disincantate e lontane dalla partecipazione elettorale. Il primo test di democrazia nell’era del dopo-Mubarak sancisce dunque una vittoria per il campo dei Fratelli Musulmani, favorevoli al ‘sì’ e per quello del comando superiore delle forze armate che ha organizzato la consultazione in vista delle prossime elezioni.

Per il no si erano invece espressi i due principali potenziali candidati alla presidenza, il segretario generale della Lega araba, Amr Mussa e il capo del movimento per il cambiamento Mohamed el Baradei, che ieri è stato oggetto di una contestazione violenta mentre si recava al seggio elettorale. Lo schieramento dei contrari ha giocato tutte le sue carte sostenendo che la modifica di una decina di articoli non consente di disfarsi di una Carta fondamentale che è soprattutto espressione del vecchio regime, e nella quale rimangono immutati i vasti poteri del presidente.

Resta sullo sfondo la questione dell’articolo due che sancisce che la legge islamica, la sharia, costituisce la base della legislazione nazionale. Per i copti, circa il 10% della popolazione, che hanno votato compattamente per il no, la riscrittura della Costituzione avrebbe rappresentaato anche la possibilità di rivedere questo contestato aspetto.

YEMEN: CARRI ARMATI IN STRADA DI SANAA, TENSIONE ALTA

Tensione altissima in Yemen dove i carri armati del regime sono stati schierati nelle strade di Sanaa subito dopo le clamorose dimissioni del generale Mohsen al-Ahmar, uno dei piu' alti ufficiali militari, che ha deciso di unirsi ai manifestanti. Dopo la strage di oltre 50 dimostranti avvenuta venerdi' scorso, il segretario dell'Onu, Ban Ki-moon, ha condannato l'uso della violenza contro la folla. Intanto nel nord del Paese sono morte 20 persone in seguito a violenti scontri tra l'esercito e i ribelli sciiti zaiditi, che ieri si sono affrontati per diverse ore per ottenere il controllo di una postazione strategica nella provincia settentrionale di Al-Jawf.

Pakistan: nuova ondata di disordini a Karachi, 14 morti

Almeno 14 persone sono state uccise nelle ultime 24 ore in diverse sparatorie a Karachi, la più grande metropoli pachistana, dove non si ferma la violenza tra gruppi politici rivali.

Secondo quanto riportano le televisioni locali, i disordini sono iniziati durante una protesta del partito locale Muttahida Qaumi Movement (Mqm) dopo un funerale di un esponente politico ucciso ieri. Diversi veicoli sono stati dati alle fiamme. In altre parti della città portuale, gruppi di dimostranti armati hanno preso di mira veicoli delle forze di sicurezza e incendiato un autobus.

Francia: amministrative, ok Le Pen e Gauche, male Sarkozy

Non c'è stato lo sperato effetto dell'intervento in Libia a premiare il presidente Nicolas Sarkozy e la destra di governo in Francia al primo turno delle cantonali, le elezioni amministrative per rinnovare metà dei consigli generali, l'equivalente delle giunte provinciali italiane.

Le urne, pochissimo frequentate vista l'altissima astensione, hanno premiato l'estrema destra di Marine Le Pen, e l'opposizione socialista, nettamente in testa.

È scoppiata immediatamente la polemica ieri sera dopo la diffusione delle prime proiezioni, che vedevano in testa i socialisti con il 25%, seguiti dall'Ump del presidente Nicolas Sarkozy con il 16% e dal Fronte nazionale che lo tallona con il 14,55%. Pochi dei 21,4 milioni di elettori chiamati a votare per rinnovare a metà le assemblee dei dipartimenti, una consultazione che dopo la riforma territoriale non esisterà più, si sono recati alle urne.

L'astensionismo è attorno al 56%, una cifra record, e l'unica a gioire è la neopresidente del Fronte nazionale e figlia del fondatore Jean-Marie Le Pen, che parla di successo "storico" e invita i francesi ad amplificare quello che ormai è da tutti definito "effetto bleu-Marine".

ITALIA

Tensione a Lampedusa Libici nel Catanese

Sono 4.789 gli immigrati presenti attualmente a Lampedusa, a fronte di circa 5.000 abitanti. Gli sbarchi, ormai senza sosta da giorni, sono proseguiti anche durante la notte: nelle ultime 24 ore sono 1.470 gli immigrati arrivati, con 13 diverse imbarcazioni.

Intanto oltre un centinaio di libici sono sbarcati nella notte sulle coste del Catanese. Sono arrivati con due barconi: il primo, con una cinquantina di migranti si è incagliato sugli scogli di Riposto, il secondo, con una settantina di extracomunitari, è stato intercettato al largo di Catania e fatto entrare, sotto scorta, nel porto del capoluogo etneo. Fin'ora sono stati bloccati 117 uomini che hanno detto di essere libici. Alle operazioni partecipano carabinieri del comando provinciale di Catania e della compagnia di Giarre, militari della guardia di finanza e della Capitaneria di porto e personale della polizia di Stato.

Continiua a crescere la tensione nell'isola. Ieri alcune centinaia di abitanti hanno bloccato la banchina commerciale del porto e impedito a un traghetto di attraccare: a bordo della nave c'erano tende e bagni chimici per allestire la tendopoli, che i cittadini non vogliono. 'Lampedusa - dicono - non può essere trasformata in un campo profughi a pochi mesi dall'inizio della stagione estiva'.

Fuga e arresti a Gradisca

Proprio mentre corso Brunelleschi bruciava, anche i reclusi del Centro di Gradisca hanno ricominciato a farsi sentire nonostante siano ammassati nelle sale comuni, per terra, guardati a vista dalla polizia. Non conosciamo la dinamica esatta dei fatti, visto che da quasi un mese ai prigionieri sono vietati i contatti con l’esterno, ma a quanto riportano le agenzie di stampa ieri sera una quindicina di loro è riuscita a sfondare verso il cortile - come era successo giusto due settimane fa - e a tentare la fuga. Sei sono riusciti a dileguarsi, otto invece sono stati arrestati. Con buona pace di Maroni, che ha fatto di tutto perché non venisse più liberato nessuno, e del consorzio Connecting People che sta facendo di tutto per non perdere l’appalto della gestione del Cie, quasiasi siano le condizioni di detenzione dei reclusi.


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gror110321 (last edited 2011-03-21 19:11:14 by anonymous)