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FEMMINICIDI

immigrazione cie

E’ RIVOLTA NEL NEONATO CIE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE

Proseguono le lotte dei migranti, soprattutto tunisini, arrivati nelle scorse settimane in Italia e trattati come merce di scambio politico dal governo. Stamani a Genova nuova protesta, dopo quelle dei giorni scorsi. Circa 150 migranti hanno manifestato sotto la Questura, in via Diaz, dove sono in corso le operazioni per la consegna dei permessi di soggiorno temporaneo. In mobilitazione c’erano i tunisini ancora privi di documenti e che non hanno ottenuto l’appuntamento per farne domanda. Schierata in forza la polizia.

Tensione c’è stata invece nella tendopoli lager di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), ormai diventata ufficialmente un Centro di identificazione ed espulsione. Questo significa che nessuno dei circa 200 migranti nordafricani detenuti nell’ex caserma Andolfato potrà avere il permesso di soggiorno e sarà quindi rispedito in patria. La scorsa notte, utilizzando come scale le brandine, alcune decine di reclusi hanno scalato in più punti il muro di cinta dell’ex struttura militare, calandosi poi nella campagna circostante con le lenzuola annodate.

La situazione ha permesso ad una ventina di migranti di fuggire. Una quindicina di loro sono stati però già intercettati e riportati nel lager stamattina.

Non si hanno intanto notizie di centinaia di giovani tunisini che, nelle scorse settimane (prima dell’accordo tra Tunisi e Roma) hanno lasciato il loro Paese a bordo di alcuni barconi diretti in Italia. I loro parenti hanno fatto ieri una manifestazione davanti al Ministero degli Esteri tunisino per sollecitare l’intervento del governo al fine di chiarirne la sorte. In particolare, non si sa dove siano finiti i partecipanti a due “viaggi della speranza”, partiti entrambi dalla zona di Sfax: il primo, il 14 marzo, con 40 persone; il secondo, il 29 marzo, al quale avrebbero preso parte 80 ragazzi, tutti originari di Tunisi.

Ascoltiamo la corrispondenza da Manduria con una compagna che ci fa un bilancio della situazione degli ultimi giorni.

L'ITALIA HA DECISO: BOMBARDERA' LA LIBIA

Il ministro degli esteri ha dichiarato “La risoluzione dell’Onu è chiarissima e in quell’ambito continuiamo ad operare: non occorre alcun voto delle Camere”.

L’Italia, ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non effettuerà “bombardamenti indiscriminati, ma missioni con missili di precisione su obiettivi specifici”. Sappiamo bene che ciò significa invece che colpirà anche fuori bersaglio, uccidendo, la popolazione civile e distruggendo infrastrutture sul territorio. Non si tratta di illazioni, ma di eventualità frequenti in uno scenario di guerra, come dimostra la storia anche recente, dall’Afghanistan all’Iraq, fino, appunto, alla Libia.

SI INTENSIFICA IL CONFLITTO, OPERATORI UMANITARI COSTRETTI A PARTIRE “Le bombe non sono uno strumento per proteggere i civili: infatti non sono servite a proteggere la popolazione di Misurata. La città, assediata e bombardata da oltre due mesi, nelle ultime 24 ore ha vissuto sotto pesantissimi attacchi che hanno raso al suolo quartieri densamente popolati, anche per l’impiego di missili balistici a medio raggio. Tra sabato e domenica sono arrivati all’ospedale di Hikmat oltre 60 morti e 200 feriti”: lo denuncia l’organizzazione umanitaria italiana ‘Emergency’, che dopo 15 giorni di presenza presso l’ospedale Hikmat di Misurata, è stata costretta a lasciare il paese. “Nell’ospedale resta soltanto il personale locale e non potrà più essere garantito il diritto alle cure. La situazione per la popolazione non può che peggiorare” ha detto Simonetta Gola, portavoce di Emergency. “Negli ultimi giorni - indica l’organizzazione – i combattimenti sono arrivati alle porte dell’ospedale. I pazienti e i medici che li curano sono diventati un bersaglio della guerra. Per questa ragione lunedì 25 aprile la direzione sanitaria ci ha dato l’ordine di evacuare”. I sette membri dell’organizzazione medica sono in navigazione per Malta, in attesa di poter riprendere l’intervento umanitario in Libia. Se le vittime della guerra tra le forze fedeli a Gheddafi e gli insorti si contano a decine a Misurata, le incursioni aeree della Nato, che sostiene l’opposizione, si sono intensificate nella capitale Tripoli, circa 150 chilometri verso ovest. Nella notte tra domenica e lunedì l’ufficio del colonnello Gheddafi, situato nella sua residenza, è stato colpito da bombardamenti che hanno fatto tre vittime tra gli impiegati. Anche ieri numerosi missili sganciati dagli aerei della Nato hanno colpito la capitale. Secondo fonti ufficiali miravano soprattutto “un centro di comunicazioni utilizzato per coordinate gli attacchi contro i civili”. La televisione di stato libica ha sostenuto che la marina della Nato ha colpito un cavo sottomarino, causando danni alle telecomunicazioni.

TORINO: Striscione alla sede PDL di Barriera

25 aprile. Uno striscione con la scritta “Case per tutti. Via i fascisti dai quartieri” è stato appeso alla nuova sede che il PDL ha aperto in Barriera di Milano in via Montanaro angolo corso Giulio Cesare, di fronte ai giardinetti.

In quella sede i fascisti del Pdl raccolgono firme perché le case popolari siano assegnate solo agli italiani.

Bologna: repressione contro gli anarchici

Si è tenuto questa mattina il Tribunale del riesame per le compagne/i anarchici di Bologna colpiti dalla respressione lo scorso 6 aprile. In particolare, gli avvocati hanno chiesto il riesame contro le 5 custodie cautelari in carcere per Stefania, Anna, Martino, Bob e Nicu e per altri 7 compagne/i colpiti da misure alternative, quali l'obbligo/divieto di dimora. Inoltre è stato chiesto il dissequestro della sede di Fuoriluogo. I giudici si sono riservati di decidere nei prossimi giorni, si pensa che tra 3 giorni si avrà la risposta.

ESTERI

IN FUGA DALLA LIBIA, SOSTA AD AGADEZ DOPO I PERICOLI DEL DESERTO Sono oltre 44.000 dai primi di marzo i migranti in fuga dalla Libia giunti nella principale città settentrionale Agadez, via Dirkou, piccolo centro in pieno deserto del Ténéré, nel nordest nigerino. Condizioni di viaggio estremamente difficili, soprattutto in questo mese di aprile segnato da temperature altissime nella regione, possono essere letali: tra la Libia e Dirkou si sa della morte in viaggio di almeno due persone e di altre sette arrivate in gravissime condizioni di salute. Lo hanno riferito fonti missionarie della MISNA in Niger, che hanno ricevuto una testimonianza da Agadez. La maggior parte dei migranti che fuggono dalla Libia in Niger sono cittadini nigerini, soprattutto uomini, ma ci sono anche alcune donne e minori. “Arrivano senza nulla, persino senza documenti. A Dirkou trovano l’assistenza di operatori dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), che li trasferisce verso Agadez, dove sono ospitati qualche giorno in un centro della Croce Rossa” riferiscono alla MISNA. Lo stato nigerino ha creato un fondo speciale di assistenza, ma molti dei migranti devono cavarsela da soli. “Chi è riuscito a portare qualcosa con sé dalla Libia lo vende, per potersi pagare cibo e trasporti. I dintorni della dogana si sono trasformati in un nuovo mercato” raccontano alla MISNA. Molti migranti si trovano ora bloccati ad Agadez, ‘capitale’ della terra dei tuareg. “In città i migranti si sono raggruppati secondo la nazionalità. Molti dicono di voler restare, aspettando l’evolversi della situazione in Libia, dove sperano di tornare. Altri dicono di voler tentare un viaggio verso l’Europa” riferisce ancora la fonte della MISNA. Secondo l’Oim, in totale sono circa 50.000 migranti giunti in Niger dalla Libia. Prima che la Libia entrasse in conflitto, l’area di Dirkou era diventata una sorta di ‘no man’s land’ che serviva da crocevia ai migranti sub sahariani verso il nord e ai trafficanti in ogni genere di merce e attività illeciti. Striscia di Gaza: dal 2000 a oggi, Israele ha distrutto decine di migliaia di case

Dall'inizio della seconda Intifada, nel settembre 2000, decine di migliaia di abitazioni palestinesi sono state distrutte nella Striscia di Gaza. Un terzo del dato fa riferimento al periodo della guerra israeliana su Gaza "Piombo fuso", tra il 2008 e il 2009". In un rapporto divulgato in questi giorni, il ministero dei Lavori pubblici di Gaza ha fornito i dati esatti sulle case palestinesi distrutte e sullo stato di riparazioni e ricostruzioni. "Tra il 2000 e la fine del 2008 (poco prima della guerra israeliana), Israele ha distrutto 6.300 abitazioni mentre 4.300 sono ancora in fase di ricostruzione grazie ai finanziamenti ricevuti nel 2010. Le abitazioni totalmente distrutte a Gaza restano 3.400, sono case residenziali. Cento sono state risanate e 1.327 sono in fase di riparazione".

VENEZUELA : Chavez aumenta gli stipendi minimi del 25%

Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha fatto sapere nella giornata di ieri che i salari minimi del settore pubblico e del settore privato aumenteranno del 25 per cento.

Dunque, gli stipendi minimi potrebbero salire di circa 348 dollari statunitensi, una cifra relativamente importante in Venezuela.

L'aumento salariale entrerà in vigore in due fasi. In un primo momento, cioè dal prossimo 1 maggio, i lavoratori vedranno la busta paga aumentare del 15 per cento. Un ulteriore 10 per cento arriverà a partire dal prossimo 1 settembre.

Francia, suicida un altro dipendente di France Telecom Quarantaquattro suicidi in un anno e mezzo. La magistratura francese indaga Un impiegato di France Telecom si è tolto la vita questa mattina dandosi fuoco nel giardino di una delle filiali dell'azienda in località Merignanc, non distante da Bordeaux. L'uomo, 57 anni, lavorava in France Telecom da diversi anni. E' il suicidio numero 44 nell'ultimo anno e mezzo. Anche il presidente francese, Sarkozy ha chiesto di indagare sui perché dei suicidi.

Violenza contro le lesbiche

La polizia di Austin, nel Texas, ha catturato dopo un lungo inseguimento il quarantacinquenne Jose Alfonso Aviles, che lunedì scorso ha assassinato in casa loro Norma Hurtado, 24 anni, e sua madre Maria Hurtado, 57 anni. L'omicida aveva già minacciato di morte Norma, che aveva una relazione lesbica con sua figlia, e la famiglia della ragazza. Dalle prime indagini risulta che Aviles è stato probabilmente accompagnato da un altro uomo nella sua feroce "esecuzione".

Due vedove della provincia indiana di Haryana sono uccise a bastonate da un uomo di 23 anni che le aveva accusate di avere una relazione lesbica. Una delle donne era sua zia, e l'omicidio è avvenuto sotto gli occhi di altri abitanti del villaggio, ai quali ha intimato di non aiutarle e di non chiamare la polizia, affermando di voler "difendere il suo onore familiare". Questa storia terrificante non è insolita nella provincia di Haryana, nel nordovest dell'India, conservatrice e patriarcale, dove sono frequenti ostracismo, assassinio e persino pubblico linciaggio per motivi di "onore". Il nipote assassino era stato condannato per stupro ed era in libertà condizionata; sarebbe stato spalleggiato da un altro uomo, anch'egli arrestato.


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gror110426 (last edited 2011-04-26 17:38:53 by anonymous)