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ESTERI

GERMANIA VERSO CHIUSURA IMPIANTI NEL 2021 Gli impianti nucleari della Germania potrebbero essere chiusi entro il 2021: è questa, secondo indiscrezioni di stampa pubblicate oggi, la raccomandazione contenuta nel primo rapporto della cosiddetta Commissione etica sull'energia atomica voluta dalla cancelliera Angela Merkel. Secondo quanto riportano il quotidiano Faz e l'edizione online del settimanale Der Spiegel, la Commissione è convinta che l'abbandono del nucleare sia necessario per evitare i possibili rischi legati a questo tipo di energia. «Nel migliore dei casi - scrivono gli esperti della Commissione, secondo lo Spiegel online -, l'ultima centrale nucleare potrebbe essere chiusa prima» del 2021. La legge attuale, approvata l'anno scorso, prevede invece l'uscita dal nucleare entro il 2040. Per il momento, è possibile che gli otto impianti chiusi a causa della moratoria del dopo-Fukushima non verranno mai ricollegati alla rete.

Siria, l'esercito bombarda i ribelli a Homs

"I carri armati sono entrati in un quartiere residenziale di Homs, terza città del paese. L'appello dell'Onu: "Ascoltate gli appelli di libertà del popolo". Frattini: "Assad non è Gheddafi, riforme ancora possibili"

Nel frattempo le autorità siriane hanno scarcerato 300 manifestanti arrestati nei giorni scorsi nella città di Banias. Lo riferisce un attivista siriano per i diritti umani alla tv satellitare 'al-Arabiya'. Sono inoltre ritornate nelle case della zona l'acqua potabile e l'elettricità così come sono state ripristinate le linee telefoniche. Ieri il governo di Damasco aveva fatto sapere che "la fase critica di questa rivolta contro il presidente Bashar è terminata e la protesta iniziata sette settimane fa sta arrivando al suo epilogo". Sul fronte diplomatico il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto che "le sanzioni europee nei confronti della Siria rappresentano un "segnale ultimo" per Damasco e che "il tempo sta scadendo".Nessuna similitudine, però, con la Libia. "In Libia - ha affermato Frattini - la situazione è cominciata in modo del tutto diverso" rispetto alla siria: "E' cominciata con una deliberata azione del regime, non vi è stata nessuna apertura alle prospettive di riforme". "Diciamolo francamente", ha proseguito il titolare della Farnesina: "Assad, il presidente siriano, non è Gheddafi".

Argentina, cinque mandati d'arresto per i voli della morte

Cinque persone sono state colpite da mandato d'arresto in Argentina nell'ambito dell'inchiesta sui 'voli della morte'. Ad annunciare la decisione è stato il giudice federale Sergio Torres, che da tempo sta portando avanti un'inchiesta su tre piloti, due dei quali oggi comandanti delle Aerolineas Argentinas, la compagnia di bandiera. Gli uomini coinvolti nell'indagine sono Mario Daniel Arrù, Enrique de Saint Georges (entrambi all'Aerolineas), e Alejandro D'Agostino, in pensione e capo dei 'veterani di guerra' della prefettura navale. Gli altri due detenuti sono l'ex sottoufficiale della marina Ricardo Ormello e l'avvocato Gonzalo Torres de Toloza. I primi tre sono sospettati di aver pilotato l'aereo da dove nella notte del 14 dicembre del 1977 vennero lanciate nella acque del Rio de la Plata cinque donne: la suora francese Leonie Duquet e le fondatrici delle Madri della Plaza de Mayo Azucena Villaflor de Devicenti, Ester Ballestrino de Careaga, Maria Ponce de Bianco e Angela Aguda. Tutte e cinque erano prigioniere all'Esma (Escuela superior de mecanica de la Armada), il maggiore dei centri clandestini di detenzione di Buenos Aires, da dove partirono tanti 'voli della morte'. I loro corpi furono rinvenuti una settimana dopo sulle spiagge di una località a sud della capitale, Santa Teresita, dove tra la fine del '77 e l'inizio del '78 vennero trovati una quarantina di cadaveri.

ITALIA

qui ci sono un paio di audio di rod http://www.infoaut.org/blog/prima-pagina/item/1454-immigrazione-il-consiglio-di-stato-boccia

La lotta per i diritti dei migranti ha vinto!

L’Adunanza Plenaria, chiamata a decidere da una ordinanza di remissione della terza sezione, lo scorso 16 marzo, si è pronunciata oggi pomeriggio ritenendo “non ostativo al perfezionamento dell’emersione il reato previsto dall’art 14, comma 5 ter del testo unico sull’immigrazione”. Secondo l’Adunanza Plenaria “il rilevato contrasto interpretativo ha perduto di attualità e di rilevanza ai fini della definizione del giudizio”. I giudici hanno rilevato che “la vicenda in esame trae origine dalla circostanza che il legislatore italiano, ha previsto il beneficio dell’emersione del lavoro irregolare, con effetto estintivo di ogni illecito penale e amministrativo, a favore di una limitata cerchia di lavoratori, ma anche dei rispettivi datori di lavoro, che li impiegano per esigenze di assistenza propria o di familiari non pienamente autosufficienti o per lavoro domestico”.“Tale misura – proseguono i giudici – , tuttavia, non può essere concretamente accordata dall’Amministrazione ove sia stata emessa condanna dello straniero interessato dal reato previsto dal testo unico sull’immigrazione che punisce il migrante che non abbia osservato l’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato impedendogli di fatto di regolarizzarsi. Per i giudici questo legame non è più compatibile con la disciplina comunitaria delle procedure di rimpatrio.L’entrata in vigore della normativa comunitaria ha effetto retroattivo su quella italiana, facendo cessare l’esecuzione della condanna e i relativi effetti penali. Tale retroattività non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato”. Fin qui le parole del Consiglio di Stato. Nei fatti, la decisione degli alti magistrati dovrebbe finalmente porre la parola fine all’attesa per migliaia di migranti che in questi mesi hanno protestato contro la posizione del Governo sulla cosiddetta “doppia espulsione” ed hanno portato alla luce le loro rivendicazioni dalla gru di Brescia alla torre di Milano, dalla basilica di Padova alla cattedrale di Massa, passando per centinaia e centinaia di città italiane.

Roma.Sgomberi più che triplicati rispetto al 2009, ma totalmente inefficaci La denuncia dell’associazione che in questi giorni sta monitorando gli sgomberi nella capitale. L’ultimo ieri lungo il Tevere che ha riguardato 89 rom di cittadinanza romena. “Soltanto per due donne con neonati è stata proposta una soluzione alternativa”

ROMA – Gli sgomberi degli insediamenti spontanei nella capitale sono “più che triplicato rispetto al 31 luglio 2009, giorno della presentazione ufficiale del Piano Nomadi”. È quanto denuncia l’associazione 21 luglio, impegnata per la difesa dei diritti dei minori rom, che in questi giorni sta monitorando gli sgomberi messi in atto dal Comune di Roma in varie zone del territorio. Secondo l’associazione, le azioni di sgombero continuano con la “medesima determinazione, violando i più elementari diritti umani, gli insediamenti informali risultano in continuo aumento raggiungendo, così come riferito da un rappresentante del Dipartimento Promozione dei servizi sociali e della Salute di Roma Capitale, la cifra di 279. Da ciò si evince la totale inefficacia delle azioni di sgombero il cui esito sembra essere esclusivamente quello di esasperare le persone coinvolte procurando loro la massima sofferenza”.

Finite le festività pasquali, infatti, nella capitale le ruspe sono tornate in azione. Dopo quello del “canneto”, l’insediamento spontaneo nei pressi del campo attrezzato di via Candoni dei giorni scorsi, preceduto da altri piccoli interventi, nella giornata di ieri ci sono stati altri interventi delle forze dell’ordine. “Martedì 10 maggio gli osservatori dell’Associazione 21 luglio hanno assistito alle operazioni di sgombero avvenute presso l’insediamento informale collocato lungo il Tevere, all’altezza del km. 9,7 di via Salaria – si legge in un comunicato dell’associazione -. L’insediamento era formato da poverissime abitazioni consistenti in tende realizzate con teloni di plastica recuperati dalla spazzatura e da piccole e malridotte tende da campeggio. Alcune famiglie avevano costruito piccole baracche provvisorie con materiale di recupero: legno, alluminio, plastica, nylon. L’insediamento non aveva alcuna fornitura idrica e di energia elettrica. Gli abitanti, secondo i dati raccolti dall’Associazione 21 luglio il 15 aprile 2011, erano 89 rom di cittadinanza romena (39 uomini, 18 donne – delle quali 5 erano incinte – e 32 minori). I 34 nuclei familiari avevano subito nel corso del 2010 almeno uno sgombero forzato mentre abitavano altri insediamenti”. Secondo quanto denuncia l’associazione, al momento dello sgombero, condotta “da una task force composta da circa 22 persone appartenenti alla Sala Operativa Sociale del Comune di Roma, alla Polizia Municipale e alla Polizia di Stato” e “alla presenza anche il presidente del IV Municipio Cristiano Bonelli” circa la metà degli abitanti non risultava presente, mentre per i presenti c’è stata una “raccolta dei documenti di identificazione registrando su un’apposita scheda numerata i dati raccolti presso una postazione allestita appositamente”.


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