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Domenica corteo no tav a Giaglione, ascolta la corrispondenza con una compagna

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ETA annuncia la fine della lotta armata

L'organizzazione armata basca ETA ha decretato un cessate il fuoco definitivo in seguito alla richjiesta arrivata dalla conferenza internazionale di pace tenutasi a Donostia lunedì scorso. Le parole del noto cantante Jon Maya sull'annuncio:

L'esistenza di Eta conta 53 anni e come potete immaginare è una storia che ha influenzato tutta la società basca. Una storia in cui sono coinvolte molte persone, molte famiglie, per la partecipazione che hanno avuto o come vittime,qualche cosa che colpisce tutti. Se inseriamo tutto in un discorso politico e storico, quello che stiamo vivendo in questo momento in Euskal Herria, vediamo che questo annuncio si colloca dentro il processo democratico che va verso una normalizzazione politica, per arrivare alla risoluzione del conflitto

Vorrei sottolineare che è una cosa ben diversa il fatto che si disattivi Eta e che questo significhi la fine del problema. Il conflitto prosegue e anche la sofferenza, Anche perché la conseguenza di questo conflitto la vive molta gente: ci sono centinaia di prigionieri politici, centinaia di vittime e di persone che hanno avuto un danno. Se guardiamo ai prossimi passi, credo che il cammino verso la riconciliazione sarà lungo, Ci sarà gente che non accetterà nessuna normalizzazione politica, e cioè il fatto che alla fine di questo processo i cittadini baschi possano decidere sul proprio futuro. Un diritto elementare che non tutti vorranno accettare. E così sarà un cammino lungo, ma ci sono molte questioni da risolvere e tutti dovremo agire con molta responsabilità. La società basca deve spingere verso una normalizzazione politica piena di diritti, con una pace duratura. Ripeto: non è perché termina Eta che tutto si normalizzi.

violenza. Eta ha compiuto questo passo e adesso si deve disattivare tutta la legislazione speciale antiterroristica, l'illegalizzaizone della seconda forza di questo Paese, che ancora è fuori legge. Tutto questo è necessario per arrivare a una normalizzazione. Gli Stati si vedono obbligati a fare questi passi. Ricordando sempre che all'inizio non è stato così: ogni passo che veniva compiuto era insufficiente, anche se era quello che chiedevano loro. Ma è arrivato il momento in cui devono giocare la loro parte. La dichiarazione della conferenza internazionale per la risoluzione del conflitto che si è svolta qui a San Sebastian, con la presenza di grandi negoziatori, ha detto cose chiare con cinque punti che marcheranno la rotta dei tempi che verranno. Il primo punto è stato compiuto oggi: la disattivazione della Lotta armata. Ma il secondo punto riguarda proprio gli Stati, che devono discutere con Eta il piano tecnico. La terza tappa è la consultazione popolare. Il nostro compito ora è quello di costruire maggioranze ampie e sufficienti per spingere al dialogo gli Stati. Tutto il mondo ora li guarda, E la mia impressione è che si muoveranno con lentezza, che costerà loro muovere i passi adeguati, ma che alla fine ci arriveremo.

Offensiva dell'esercito turco in Kurdistan

L'esercito turco invia 10.000 soldati in Kurdistan in risposta ad un attacco dei guerriglieri, ne parliamo con una compagna di senzaconfine

Grecia, ex ministro del lavoro espulsa dal Pasok

Una deputata greca del Pasok, il partito di maggioranza guidato dal premier Georges Papandreu, è stata espulsa dal partito. Louka Katseli, ex ministro del Lavoro, aveva votato contro l'articolo 37 del maxi provvedimento di austerity, su cui il Parlamento si sta esprimendo in questi giorni. "Trovo impossibile votare a favore dell'articolo così com'è", aveva dichiarato Katseli prima del voto.

Il voto in aula è passato con 154 voti a favore e 144 contrari. La maggioranza di Papandreu è sempre più risicata e ora il governo deve portare a casa la seconda tranche di aiuti previsti nell'ultimo pacchetto da 10 miliardi.

Intanto fuori da piazza Syntagma continuano le proteste. Tra i tanti scontri, se ne registrano anche fra dimostranti del partito comunista e anarchici. Ieri, durante una colluttazione con la polizia, ha perso la vita un manifestante

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Morto un detenuto a Marassi

Un marocchino di 29 anni si è impiccato in cella nel carcere Marassi di Genova: lo rende noto Eugenio Sarno segretario della Uilpa penitenziari, sottolineando che si tratta del 55esimo suicidio del 2011 nelle carceri italiane.

Rahamani Jalel, 29 anni di origini marocchine, era detenuto per spaccio di stupefacenti e avrebbe terminato la pena tra circa due mesi. Verso le 23.30 di ieri il giovane si è impiccato usando strisce di stoffa ricavate dalle lenzuola in dotazione nella sua cella, della sesta sezione del carcere genovese di Marassi.

"Si tratta del 55esimo suicidio in cella di questo 2011", sottolinea Sarno, aggiungendo: "Aggiorniamo il pallottoliere per mera statistica avendo, oramai, la certezza che il dramma che ogni giorno si consuma all`interno delle nostre degradate carceri interessi solo agli addetti ai lavori e a pochi politici di buona volontà. Un sistema penitenziario che lo stesso capo dello Stato ha indicato come vergogna dell`Italia in Europa. Ma l'immobilismo del governo e del Parlamento è un dato di fatto".

La Uilpa Penitenziari ricorda, inoltre, che a Marassi sono attualmente presenti 812 detenuti a fronte dei 456 posti disponibili. E "da tempo abbiamo segnalato l'ondata di violenza che attraversa Marassi", sottolinea Sarno, che conta da inizio anno, nel carcere genovese, due suicidi, nove tentati suicidi, 85 atti di autolesionismo grave, dieci aggressioni a poliziotti penitenziari, con 13 feriti, e cento detenuti in protesta. Una situazione provocata - secondo la Uilpa - dal pericoloso mix di sovraffollamento e depauperamento degli organici degli agenti penitenziari.


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gror111021 (last edited 2011-10-21 10:31:01 by anonymous)