buondì, aprono danielina, paoletta e ale. buone cose

gRor 9.30

dal mondo

IRAQ

Più che un referendum si preannuncia come un plebiscito. Da questa mattina alle 8:00 (ora locale), in Iraq sono aperte le urne per la consultazione che confermerà Saddam Hussein alla guida del Paese per altri sette anni. Ieri è stato il ‘Giorno della grande marcia’, vigilia elettorale di festeggiamenti e fasti per una nazione ridotta alla fame da dodici anni di sanzioni, ma dove il regime che non lesina nulla sulle enormi spese per celebrare il suo leader e padrone assoluto. Sono 11 milioni gli aventi diritto al voto chiamati ai seggi per deporre una scheda consegnata casa per casa nei giorni precedenti, grazie alla capillare attività del partito socialista al potere (il Baath). Il 15 ottobre 1985 – esattamente sette anni prima, una precisione inquietante – il Rais ottenne il 99,96% dei consensi su oltre otto milioni di votanti. Praticamente una formalità burocratica. Tranne che nel Kurdistan iracheno, nelle aree che non sono sotto il governo di Saddam. A Baghdad, intanto, sono arrivati oltre duemila giornalisti stranieri per coprire un evento che, alla vigilia del preannunciato attacco americano, assume un rilievo del tutto particolare. La città è tappezzata di volantini e immagini del Satrapo iracheno, televisioni e giornali amplificano una propaganda che in questi anni ha sempre funzionato a tambur battente. Tanto più ora, che il regime sta cercando di evitare la guerra con gli Stati Uniti e respinge le accuse dell'Occidente di possedere armi di distruzione di massa. Ma i venti di guerra non sembrano frenare l’esultanza forzata di manifestazioni e cerimonie allo stadio per celebrare il successo (scontato) di Saddam come successore di se stesso. Dagli Stati Uniti, infatti, si levano sempre più insistenti le minacce del presidente George W. Bush, che oggi ha parlato del legame tra la guerra al terrorismo e l’attacco contro l’Iraq in seguito agli attentati di Bali, in Indonesia, che hanno provocato quasi duecento vittime. Se Baghdad non rinuncerà alle armi di distruzione di massa, ha tuonato per l’ennesima volta il capo della Casa Bianca, gli Usa interverranno. Una minaccia solo ‘apparente’ perché, in realtà, le decisioni sull’opzione militare sono già state prese. Al Dipartimento di Stato di Washington, infatti, si mettono a punto i piani dell’attacco, mentre il Pentagono sta studiando i dettagli della guerra, con il segretario alla difesa Donald Rumsfeld (il più agguerrito tra i ‘falchi’ del presidente) che chiede un’offensiva imponente. Ma Bush non gode del consenso di Saddam: la voce del pacifismo americano riesce a farsi sentire, e da un lato all’altro degli States si levano grida e slogan contro il presidente che va alla guerra. “E' nel nostro interesse che il regime iracheno si disarmi – assicura il presidente -. Spero che si possa fare senza il ricorso alle armi, che é il mio ultimo desiderio”. Ma in molti non gli credono.

PALESTINA

Premier ministre israélien Ariel Sharon a quitté Tel-Aviv tôt mardi matin pour Washington, où il doit rencontrer le présidentGeorge W. Bush. Ce voyage de Sharon à Washington a pour but de coordonner la position des deux pays en vue d'une éventuelle frappe américaine en Irak, afin d'éviter tout malentendu. M. Sharon demandera à M. Bush d'être informé aussi à l'avance que possible d'une attaque américaine contre l'Irak de façon à pouvoir prendre toutes les mesures nécessaires pour protéger la population israélienne et défendre le territoire. Avant son départ, Sharon si era rivolto ai palestinesi. “Mi rivolgo ai palestinesi per dire loro: dite basta e cambiate il regime tirannico (di Yasser Arafat) che vi ha portato disastri”. Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha lanciato un appello agli ‘avversari’ palestinesi. Alla vigilia del viaggio che lo porterà negli Stati Uniti, dove è in programma un incontro con il presidente George W. Bush, il premier ha aperto ieri la sessione invernale della Knesset, il Parlamento israeliano, toccando temi di politica interna ed estera. Per il raggiungimento della pace, secondo Sharon, occorre rimuovere Arafat, che rappresenta “il vero ostacolo alla pace”. Il falco della destra israeliana ha rivolte frasi provocatorie ai palestinesi, affermando tra l’altro: “Il vostro sangue è colato invano”. Ma allo stesso tempo ha annunciato che una svolta di pace in Medio Oriente non è lontana. “Vi prometto che questo governo sarà pronto a cogliere e sfruttare ogni cambiamento per realizzare la speranza di generazioni e fare la pace”, ha aggiunto Sharon, dicendosi convinto che “la nostra mano tesa in segno di pace non resterà per sempre non corrisposta”. Immediata la reazione dell’Assemblea nazionale palestinese (Anp), secondo cui, in realtà, è Sharon ad impedire la pace. Durante la trasferta americana, con tutta probabilità il primo ministro israeliano verrà invitato da Bush a non eccedere nell’uso della forza contro i palestinesi. Una richiesta che si rende necessaria per non inasprire ulteriormente la posizione dei Paesi arabi in vista di un sempre più probabile attacco contro l’Iraq. Il premier israeliano ieri ha ribadito che se Baghdad utilizzerà armi non convenzionali contro Tel Aviv in reazione all’intervento armato americano, il suo Paese “è pronto a difendersi”

INDIA

Violenti scontri tra musulmani e induisti sono scoppiati negli ultimi giorni a Solapur, 450km a est di Bombay.La tensione è sfociata nella violenza venerdì scorso quando il pastore battista americano Jerry Falwell aveva detto durante un'intervista "Io penso che il profeta Maometto sia stato un terrorista" e aveva continuato affermando: "Ho letto abbastanza,sia testi musulmani che non musulmani, per decidere che egli era un uomo violento, un uomo di guerra".

In seguito a queste dichiarazioni migliaia di persone si sono riversate nelle strade per protestare, la città è stata messa a ferro e fuoco. La polizia, che ha schierato sabato più di 2000 agenti, ha aperto il fuoco sulla folla in piu' occasioni provocando almeno tre morti.

In totale il bilancio della protesta è di 8 morti e almeno 90 feriti. Lo scontro tra i musulmani e gli induisti si è accesso quando i negozianti di fede induista hanno rifiutato di chiudere i loro esercizi in segno di protesta, come i musulmani avevano chiesto di fare. Quando i manifestanti hanno iniziato ad appiccare il fuoco ad alcuni negozi di proprietà di induisti l'esercito ha ripetutamente sparato sulla folla.

Fonti della polizia locale hanno riferito all'agenzia Reuters che i manifestanti avrebbero anche fatto uscire diverse persone dalle loro case appiccando poi il fuoco alle abitazioni. La polizia riferisce anche di aver sparato numerosi colpi di avvertimento in 12 quartieri della città.

Dure proteste si registrano anche in altre zone dell'India: a Srinagar,la maggiore citta' del Kashmir indiano, le scuole, le fabbriche ed i negozi oggi sono rimasti chiusi per protesta.

Le dichiarazioni di Falwell sono dunque state la miccia che ha innescato una protesta a prima vista sproporzionata, compresibile solo se si considera la delicatezza della situazione indiana dove il dialogo interreligioso è una questione cruciale.

dall'italia

Fiat

La precisazione del ministero del Tesoro arriva presto, per anticipare l'apertura dei mercati: l'ipotesi di un "coinvolgimento di Finmeccanica nel piano industriale e finanziario della Fiat è destituita di ogni fondamento". Oggi alcuni quotidiani riportano indiscrezioni sulle modalità dell'intervento pubblico a sostegno dell'azienda torinese, emerse nei contatti fra Lingotto e governo. E mentre sembra debole anche l'altro scenario delineato nelle ultime ore, quello di un coinvolgimento di Italenergia nel riassorbimento della manodopera eccedente in Fiat Auto, dalle pagine del Corriere della Sera il direttore Paolo Mieli bolla come "fantapolitica" le congetture sulla scalata al primo quotidiano italiano da parte di Silvio Berlusconi.

La tesi del Sole 24 Ore e di Repubblica Finmeccanica avrebbe dovuto affiancare Sviluppo Italia, la finanziaria controllata dal Tesoro nell'intervento pubblico per salvare Fiat Auto. La soluzione Finmeccanica scrivono i due quotidiani, sarebbe vista con favore da Bruxelles, in quanto rappresenterebbe un'operazione di mercato (Finmeccanica è società quotata in borsa) e, fra l'altro, guidata da un ex manager del Lingotto, Roberto Testore.

Questo permetterebbe a Torino di non creare un vero e proprio terremoto nel management, il cui ricambio è una delle condizioni poste dal governo.

L'ipotesi Italenergia Secondo analisti finanziari, Italenergia non può sostenere il peso della costruzione di un consistente numero di nuove centrali elettriche oltre a quelle già pianificate: investimenti troppo rilevanti, cui si aggiungono i rilevanti costi per l'ammodernamento delle centrali acquisite attraverso Eurogen.

Secondo alcuni quotidiani, nei colloqui del governo per il salvataggio del gruppo Fiat sarebbe entrata anche la richiesta di Italenergia, di cui il Lingotto è uno dei soci rilevanti, per la costruzione di 10 centrali che permetterebbero di riassorbire almeno parte degli esuberi del gruppo torinese. Una delle ipotesi sul tavolo sembrava quella dell'accelerazione dei tempi per le autorizzazioni dei siti già individuati per le nuove centrali, in modo che queste, una volta realizzate, possano reintegrare parte degli esuberi di Fiat Auto dopo un periodo di mobilità lunga.

Le precisazioni di Mieli Infine, l'ultimo fronte, quello più caldo nella guerra dei media. A Firenze, a margine di uno degli incontri di Progetto città, il direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli stronca sul nascere le ipotesi avanzate, fra gli altri, da Massimo D'Alema, di una scalata di Silvio Berlusconi al primo quotidiano italiano, approfittando delle difficoltà del Gruppo Fiat, maggiore azionista di Rcs: "Quella della Fiat è una crisi risolvibile e quindi non ci sarà alcuna ripercussione sul gruppo Rcs. Tutte le congetture e le allusioni che vengono fatte in questi giorni - ha proseguito Mieli - anche su un eventuale ruolo di Berlusconi in questa vicenda, sono solo fantapolitica".

MILANO

in diverse zone popolari della citta', ispettori ALER e "forza pubblica" hanno sgomberato alcuni appartamenti occupati.

Dopo una campagna stampa che dura da settimane, dopo lettere e "visite" intimidatorie rivolte a tantissimi inquilini occupanti delle case ALER, oggi e' ripreso l'intervento di ispettori e polizia per eseguire sgomberi forzati.

In Ticinese solo un presidio antisfratto di una quindicina di persone hanno impedito i tentativi d'intervento

nei prossimi giornali radio avremo aggiornamenti e corrispondenze da milano

gRor delle 13.00

DAL MONDO

PALESTINA

Ancora forti le tensioni in palestina e nei territori occupati. Questa notte, prima dell'alba, un gruppo di sconosciuti ha esploso colpi d'arma da fuoco e lanciato una bottiglia incendiaria contro l'abitazione del sindaco di Betlemme, Hanna Nasser. Lo scrive nell'edizione on line il quotidiano El Mundo. Non ci sono state vittime né feriti. Le forze di sicurezza palestinesi sono intervenute immediatamente per spegnere il principio di incendio. L'abitazione del sindaco si trova a pochi metri dalla Basilica della Natività, nel centro storico di Betlemme.

La police israélienne a arrêté mardi à son domicile le mufti palestinien de Jérusalem, cheikh Ekrima Sabri. "Ekrima Sabri a été arrêté pour être interrogé par la police israélienne, qui a agi sur demande du procureur général", a déclaré le porte-parole de la police Gil Kleiman. L'enquête fait suite à des propos tenus dans la presse en juin dernier par ce haut dignitaire religieux musulman, qui avait affirmé le droit des Palestiniens à avoir recours aux attentats suicide pour combattre l'occupation israélienne. Cheikh Sabri est détenu "après une déclaration le 11 juin au journal Al-Ayyam, dans laquelle il s'était prononcé sur le droit des Palestiniens à lutter contre l'occupation israélienne et avait estimé que la religion n'interdisait pas le recours aux attentats suicide", a déclaré M. Kleiman. Le mufti de Jérusalem, 64 ans, a été arrêté à 09H00 locales (07H00 GMT) à son domicile à Jérusalem-est, la partie orientale de la ville annexée par Israël, a indiqué son fils, Obeda Sabri. Il a indiqué que son père avait des problèmes de santé et avait subi une opération à coeur ouvert il y a quelques mois. Il y a un an, en septembre 2001, cheikh Sabri avait été brièvement interpellé par la police israélienne, à la suite d'une rencontre au Liban avec le chef du mouvement chiite libanais Hezbollah, cheikh Hassan Nasrallah.

Non si tratta, come sembrava in un primo tempo, di un ordigno. Intorno alle 11:30 su un bus a Beit Shean, nel nord di Israele, vicino al kibbutz Nir David, il bus è stato invece investito da una pioggia di proiettili provocando quattro (ma alcune fonti riportano cinque) feriti non gravi, subito trasportati all'Haemek Hospital di Afula.

La polizia israeliana ha chiuso l'area dell'attentato al traffico, 80 km a nord di Gerusalemme.

Nel riportare la notizia, la radio israeliana ha indicato che i feriti potrebbero essere stati colpiti da proiettili o dalle schegge dell'esplosione.

IRAQ

Più che un referendum si preannuncia come un plebiscito. Da questa mattina alle 8:00 (ora locale), in Iraq sono aperte le urne per la consultazione che confermerà Saddam Hussein alla guida del Paese per altri sette anni. Ieri è stato il ‘Giorno della grande marcia’, vigilia elettorale di festeggiamenti e fasti per una nazione ridotta alla fame da dodici anni di sanzioni, ma dove il regime che non lesina nulla sulle enormi spese per celebrare il suo leader e padrone assoluto. Sono 11 milioni gli aventi diritto al voto chiamati ai seggi per deporre una scheda consegnata casa per casa nei giorni precedenti, grazie alla capillare attività del partito socialista al potere (il Baath). Il 15 ottobre 1985 – esattamente sette anni prima, una precisione inquietante – il Rais ottenne il 99,96% dei consensi su oltre otto milioni di votanti. Praticamente una formalità burocratica. Tranne che nel Kurdistan iracheno, nelle aree che non sono sotto il governo di Saddam. Les Irakiens votaient en masse mardi pour donner un nouveau mandat de sept ans à Saddam Hussein à la tête de l'Etat, un défi à Washington qui milite pour un changement de régime à Bagdad. "En votant, j'ai tiré une cartouche sur Bush et sa clique", a déclaré Abdel Majid Janabi, un électeur de Bagdad, âgé de 67 ans, en référence au président américain George W. Bush. Il a précisé s'être présenté dès l'aube devant le bureau de vote numéro 13 de la deuxième circonscription de Bagdad. Unanimes, les électeurs déclarent vouloir plébisciter leur président et aucune note discordante n'est perceptible. "Tout le monde doit dire oui et ceux qui préfèrent le contraire n'ont qu'à rester chez eux", a dit un jeune de Saddam City, banlieue populaire de Bagdad. Des urnes sont ornées du portrait du chef de l'Etat et dans l'un des bureaux de vote, les électeurs foulent une bannière étoilée jetée à même le sol avant de glisser leurs bulletins. Une jeune femme a voté avec son sang et nombreux ont été à la suivre aux cris: "Avec notre âme, avec notre sang, nous nous sacrifierons pour toi, Saddam Hussein". Ce genre de vote est comptabilisé pour permettre aux autorités de "récompenser" ceux qui le font, a fait remarquer un responsable local. Le numéro deux du régime, Izzat Ibrahim, qui supervise la commission électorale, a voté dans une école du centre de Bagdad dans une ambiance de fête et demandé aux Irakiens de voter "oui, oui et oui". Il a qualifié M. Bush de "criminel" et l'a accusé de "tricher et de tromper son peuple" en voulant attaquer l'Irak. Quelque 11,5 millions d'électeurs doivent participer à la consultation à dans 1.905 bureaux de vote à travers le pays. Le vote doit prendre fin à 20H00 locales (17H00 GMT) et les résultats sont attendus dans la soirée. Dès le début du scrutin à 08H00 locales (05H00 GMT), les électeurs ont commencé à former des queues devant les bureaux de vote à Bagdad. Le vote est en principe secret mais personne ne semble utiliser les isoloirs. Bien que mardi soit un jour ouvrable, peu d'administrations et de commerces ont ouvert leurs portes et une ambiance festive a enveloppé la capitale, qui croule sous les banderoles appelant à voter "oui, Saddam". Les écoliers sont associés aux spectacles de danse et de chants autour des bureaux de vote où des douceurs sont servies. Les télévisions d'Etat et de la Jeunesse, dirigée par le fils aîné du président, Oudaï, diffusent des programmes spéciaux entrecoupés d'interviews de personnalités et de simples citoyens félicitant déjà la président pour "sa victoire éclatante". Le parti Baas a fortement mobilisé pour le scrutin et ne cache pas sa volonté de produire 100% de oui, un score qui serait sans précédent depuis l'arrivée au pouvoir de Saddam Hussein, 65 ans, en 1979. Des délégations de "pays amis" ont été invitées à suivre cet exercice démocratique à l'irakienne. "Tout a été mis en place pour que le référendum se déroule dans les meilleures conditions", a affirmé un responsable du parti Baas, Chaker Mahmoud. Avec le compte à rebours de la guerre qui semble avoir été lancé à Washington, la consultation a pris l'allure d'un défi ouvert aux Etats-Unis. La candidature unique du président Saddam Hussein a été présentée, comme le prévoit la Constitution, par le Conseil de commandement de la révolution, la plus haute instance dirigeante du pays, et le Parlement. Les trois provinces kurdes - Erbil, Souleimaniyeh, Dohuk- qui échappent depuis 1991 au contrôle de Bagdad, ne participent pas au référendum mais le gouvernement a annoncé lundi que des électeurs de ces régions pouvaient le faire n'importe où ailleurs en Irak.

Indonesia Il governo indonesiano ha deciso di adottare provvedimenti di emergenza nella lotta contro il terrorismo. A pochi giorni dal terribile attentato che ha sconvolto la pacifica isola di Bali, l’esecutivo di Giakarta ha fatto sapere che una normativa speciale per fare fronte alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni estremiste verrà presto adottato. Nel frattempo il primo ministro australiano John Howard ha ribadito i sospetti nei confronti del terrorismo islamico espressi all’indomani dell’esplosione di un ordigno in un locale di Kuta Beach ma ha spiegato che allo stato attuale non esiste alcuna prova che consenta di attribuire la strage di sabato scorso ad al Qaida, la rete guidata da Osama bin Laden. Ha poi ricordato di essersi più volte lamentato nei confronti della presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri per l’assenza di interventi nei confronti di certi ambienti radicali islamici, con particolare riferimento al movimento Jamaah Islamiya, vicino alle posizioni di al Qaida.

Secondo il quotidiano basco GARA l'autobomba esplosa a Bali, che ha causato 190 morti e circa 300 feriti lo scorso sabato in una dicoteca frequentata da turisti, era carica di esplosivo appartente all'esercito indonesiano. la conferma arriva di questa notizia arriva dal capo dei servizi segreti indonesiano, il generale Hendropriyono. la prima bomba era formata di una sostanza chiamata C4, un potente esplosivo plastico in dotazione all'esercito indonesiano. la seconda esplosione è stata causata da una autobomba, questa parcheggiata nei pressi di un frequentato night. le autorità indonesiane, come gli USA eAustralia sono convinti che Al Queda sia responsabile dell'attentato, ora tocca vedere quali legami ci siano tra l'esercito indosiano che governa con una giunta militare lo stato asiatico e la rete Al Queda.

dall'Italia

FIAT

E' una ipotesi possibile' quella di un ingresso dello Stato nel capitale di Fiat Auto. Lo ha detto il ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Stanca. Il ministro ha parlato di 'ingresso temporaneo e minoritario' come ipotesi possibile per gestire la transizione'. 'Bisogna analizzare tutte le possibili opzioni - ha detto Stanca - e l'opzione estrema e' la presenza pubblica nel capitale di Fiat Auto. Una soluzione comunque va costruita per l'azienda torinese, anche con strategie internazionali'. 'Nella crisi Fiat e' doveroso per il governo essere fortemente impegnato, ma l'esecutivo non puo' essere l'unico soggetto attivo'. Lo afferma il vicepremier Gianfranco Fini, per il quale -all'assunzione di responsabilita' del governo dovranno necessariamente affiancarsi analoghi comportamenti virtuosi di altri soggetti interessati, in primis i vertici del gruppo torinese-. -Non tutto dipende infatti da noi - prosegue il leader di An - perche' il governo si deve muovere avendo a cuore non solo l'interesse dell'azionista, ma soprattutto l'interesse generale, cioe' il mantenimento del livello occupazionale, l'effettivo e duraturo rilancio della politica industriale nazionale nel settore automobilistico'.

Milano

ieri sera e stamattina forze dell'ordine hanno tentato lo sgombero di case occupate in numerose zone popolari della città. in alcuni casi lo sgombero è riuscito, ispettori dell'ALER e polizia non hanno trovato resistenza. In altre parti della città e del Ticino il comitato di lotta per la casa h organizzato tempestivamente presidi impedendo alle forze dell'ordine l'ingresso nelle case occupate. la tensione rimane alte, sentiamo una corrispondenza

Napoli

Mobilitazioni in vista dello sciopero generale del 18 si stanno avendo in numerosi parti di Italia, questa mattina a Napoli gli operatori sociali hanno effettuato uno sciopero durante il quale hanno denunciato la concertazione sindacole di CISL e UIL e la LEGA DELLE COPERATIVA rea di aver firmato il patto per l'Italia. sentiamo l'intervento di una compagna di Napoli che ha partecipato allo sciopero.

Roma

azione di pace preventiva oggi a roma, in questo momento 40 persone del movimento dei disobbedienti hanno occupato il palazzo della compagnia petrolifera Esso, arrampicandosi sul tetto, e calandosi con le funi. Lo scopo è un azione dimostrativa contro la guerra. La Esso è una delle compagnie petrolifere interessate alla spartizione del petrolio iracheno.

GR 17.00

DAL MONDO

Indonesia Il governo indonesiano ha deciso di adottare provvedimenti di emergenza nella lotta contro il terrorismo. A pochi giorni dal terribile attentato che ha sconvolto la pacifica isola di Bali, l’esecutivo di Giakarta ha fatto sapere che una normativa speciale per fare fronte alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni estremiste verrà presto adottato. Nel frattempo il primo ministro australiano John Howard ha ribadito i sospetti nei confronti del terrorismo islamico espressi all’indomani dell’esplosione di un ordigno in un locale di Kuta Beach ma ha spiegato che allo stato attuale non esiste alcuna prova che consenta di attribuire la strage di sabato scorso ad al Qaida, la rete guidata da Osama bin Laden. Ha poi ricordato di essersi più volte lamentato nei confronti della presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri per l’assenza di interventi nei confronti di certi ambienti radicali islamici, con particolare riferimento al movimento Jamaah Islamiya, vicino alle posizioni di al Qaida.

Secondo il quotidiano basco GARA l'autobomba esplosa a Bali, che ha causato 190 morti e circa 300 feriti lo scorso sabato in una dicoteca frequentata da turisti, era carica di esplosivo appartente all'esercito indonesiano. la conferma arriva di questa notizia arriva dal capo dei servizi segreti indonesiano, il generale Hendropriyono. la prima bomba era formata di una sostanza chiamata C4, un potente esplosivo plastico in dotazione all'esercito indonesiano. la seconda esplosione è stata causata da una autobomba, questa parcheggiata nei pressi di un frequentato night. le autorità indonesiane, come gli USA eAustralia sono convinti che Al Queda sia responsabile dell'attentato, ora tocca vedere quali legami ci siano tra l'esercito indosiano che governa con una giunta militare lo stato asiatico e la rete Al Queda.

IRAQ

Più che un referendum si preannuncia come un plebiscito. Da questa mattina alle 8:00 (ora locale), in Iraq sono aperte le urne per la consultazione che confermerà Saddam Hussein alla guida del Paese per altri sette anni. Ieri è stato il ‘Giorno della grande marcia’, vigilia elettorale di festeggiamenti e fasti per una nazione ridotta alla fame da dodici anni di sanzioni, ma dove il regime che non lesina nulla sulle enormi spese per celebrare il suo leader e padrone assoluto. Sono 11 milioni gli aventi diritto al voto chiamati ai seggi per deporre una scheda consegnata casa per casa nei giorni precedenti, grazie alla capillare attività del partito socialista al potere (il Baath). Il 15 ottobre 1985 – esattamente sette anni prima, una precisione inquietante – il Rais ottenne il 99,96% dei consensi su oltre otto milioni di votanti. Praticamente una formalità burocratica. Tranne che nel Kurdistan iracheno, nelle aree che non sono sotto il governo di Saddam. Gli ispettori dell'Onu non partiranno per l'Iraq prima che il Consiglio di Sicurezza approvi una nuova risoluzione che regoli le procedure di ispezione: difficilmente dunque arriveranno a Baghdad prima dell'inizio di novembre. A riferirlo, nonostante i reiterati inviti del regime iracheno (ancora ieri, il vice-presidente Taha Yassin Ramadan ha detto che a Baghdad tutto è pronto per il loro arrivo, sabato 19 ottobre), è una fonte interna delle Nazioni Unite a cui si agguinge l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea).

dall'Italia

FIAT

E' una ipotesi possibile' quella di un ingresso dello Stato nel capitale di Fiat Auto. Lo ha detto il ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Stanca. Il ministro ha parlato di 'ingresso temporaneo e minoritario' come ipotesi possibile per gestire la transizione'. 'Bisogna analizzare tutte le possibili opzioni - ha detto Stanca - e l'opzione estrema e' la presenza pubblica nel capitale di Fiat Auto. Una soluzione comunque va costruita per l'azienda torinese, anche con strategie internazionali'. 'Nella crisi Fiat e' doveroso per il governo essere fortemente impegnato, ma l'esecutivo non puo' essere l'unico soggetto attivo'. Lo afferma il vicepremier Gianfranco Fini, per il quale -all'assunzione di responsabilita' del governo dovranno necessariamente affiancarsi analoghi comportamenti virtuosi di altri soggetti interessati, in primis i vertici del gruppo torinese-. -Non tutto dipende infatti da noi - prosegue il leader di An - perche' il governo si deve muovere avendo a cuore non solo l'interesse dell'azionista, ma soprattutto l'interesse generale, cioe' il mantenimento del livello occupazionale, l'effettivo e duraturo rilancio della politica industriale nazionale nel settore automobilistico'.

Milano

ieri sera e stamattina forze dell'ordine hanno tentato lo sgombero di case occupate in numerose zone popolari della città. in alcuni casi lo sgombero è riuscito, ispettori dell'ALER e polizia non hanno trovato resistenza. In altre parti della città e del Ticino il comitato di lotta per la casa h organizzato tempestivamente presidi impedendo alle forze dell'ordine l'ingresso nelle case occupate. la tensione rimane alte, sentiamo una corrispondenza

Napoli

Mobilitazioni in vista dello sciopero generale del 18 si stanno avendo in numerosi parti di Italia, questa mattina a Napoli gli operatori sociali hanno effettuato uno sciopero durante il quale hanno denunciato la concertazione sindacole di CISL e UIL e la LEGA DELLE COPERATIVA rea di aver firmato il patto per l'Italia. sentiamo l'intervento di una compagna di Napoli che ha partecipato allo sciopero.

GR 19.30

DAL MONDO

Indonesia Il governo indonesiano ha deciso di adottare provvedimenti di emergenza nella lotta contro il terrorismo. A pochi giorni dal terribile attentato che ha sconvolto la pacifica isola di Bali, l’esecutivo di Giakarta ha fatto sapere che una normativa speciale per fare fronte alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni estremiste verrà presto adottato. Nel frattempo il primo ministro australiano John Howard ha ribadito i sospetti nei confronti del terrorismo islamico espressi all’indomani dell’esplosione di un ordigno in un locale di Kuta Beach ma ha spiegato che allo stato attuale non esiste alcuna prova che consenta di attribuire la strage di sabato scorso ad al Qaida, la rete guidata da Osama bin Laden. Ha poi ricordato di essersi più volte lamentato nei confronti della presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri per l’assenza di interventi nei confronti di certi ambienti radicali islamici, con particolare riferimento al movimento Jamaah Islamiya, vicino alle posizioni di al Qaida.

Secondo il quotidiano basco GARA l'autobomba esplosa a Bali, che ha causato 190 morti e circa 300 feriti lo scorso sabato in una dicoteca frequentata da turisti, era carica di esplosivo appartente all'esercito indonesiano. la conferma arriva di questa notizia arriva dal capo dei servizi segreti indonesiano, il generale Hendropriyono. la prima bomba era formata di una sostanza chiamata C4, un potente esplosivo plastico in dotazione all'esercito indonesiano. la seconda esplosione è stata causata da una autobomba, questa parcheggiata nei pressi di un frequentato night. le autorità indonesiane, come gli USA eAustralia sono convinti che Al Queda sia responsabile dell'attentato, ora tocca vedere quali legami ci siano tra l'esercito indosiano che governa con una giunta militare lo stato asiatico e la rete Al Queda.

PALESTINA

Ancora forti le tensioni in palestina e nei territori occupati. Questa notte, prima dell'alba, un gruppo di sconosciuti ha esploso colpi d'arma da fuoco e lanciato una bottiglia incendiaria contro l'abitazione del sindaco di Betlemme, Hanna Nasser. Lo scrive nell'edizione on line il quotidiano El Mundo. Non ci sono state vittime né feriti. Le forze di sicurezza palestinesi sono intervenute immediatamente per spegnere il principio di incendio. L'abitazione del sindaco si trova a pochi metri dalla Basilica della Natività, nel centro storico di Betlemme. Inoltre il presidente Yasser Arafat annuncera' 'entro il fine settimana' la formazione del nuovo governo palestinese. Lo ha dichiarato oggi alla stampa Nabil Shaath, ministro per la cooperazione internazionale dell'Anp, dopo un incontro con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Javier Solana.

IRAQ

Più che un referendum si preannuncia come un plebiscito. Da questa mattina alle 8:00 (ora locale), in Iraq sono aperte le urne per la consultazione che confermerà Saddam Hussein alla guida del Paese per altri sette anni. Ieri è stato il Giorno della grande marcia, vigilia elettorale di festeggiamenti e fasti per una nazione ridotta alla fame da dodici anni di sanzioni, ma dove il regime che non lesina nulla sulle enormi spese per celebrare il suo leader e padrone assoluto. Sono 11 milioni gli aventi diritto al voto chiamati ai seggi per deporre una scheda consegnata casa per casa nei giorni precedenti, grazie alla capillare attività del partito socialista al potere (il Baath). Il 15 ottobre 1985, esattamente sette anni prima, una precisione inquietante il Rais ottenne il 99,96% dei consensi su oltre otto milioni di votanti. Praticamente una formalità burocratica. Tranne che nel Kurdistan iracheno, nelle aree che non sono sotto il governo di Saddam. Gli ispettori dell'Onu non partiranno per l'Iraq prima che il Consiglio di Sicurezza approvi una nuova risoluzione che regoli le procedure di ispezione: difficilmente dunque arriveranno a Baghdad prima dell'inizio di novembre. A riferirlo, nonostante i reiterati inviti del regime iracheno (ancora ieri, il vice-presidente Taha Yassin Ramadan ha detto che a Baghdad tutto è pronto per il loro arrivo, sabato 19 ottobre), è una fonte interna delle Nazioni Unite a cui si agguinge l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea).

‘’’JUGOSLAVIA’’’ La Commissione Elettorale Serba ha formalmente annullato le elezioni presidenziali serbe per mancato raggiungimento del quorum. Al secondo turno di domenica scorsa, infatti, gli elettori che si sono recati alle urne sono stati poco piu' del 45%, cioe' al di sotto del minimo richiesto, il 50%. "L'intero processo elettorale deve essere ripetuto", ha annunciato il presidente della Commissione, Radoslav Bacevic.

‘’’Lavoratori contro Mc Donald’s’’’

Il 16 Ottobre è la data della prima mobilitazione globale dei lavoratori dei Mc Donald's che potreranno avanti azioni dirette in tutto il mondo come parte della giornata di azione globale contro i Mc Donald's. I Mc Workers scenderanno in campo in tutta Europa, in USA, in Australia con azioni di sabotaggio simbolico, picchetti, subvertising e proteste per bloccare la macchina dei profitti della Mc Donald's e urlare: "We don't take shit, we make it"

dall'Italia

FIAT

E' una ipotesi possibile' quella di un ingresso dello Stato nel capitale di Fiat Auto. Lo ha detto il ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Stanca. Il ministro ha parlato di 'ingresso temporaneo e minoritario' come ipotesi possibile per gestire la transizione'. 'Bisogna analizzare tutte le possibili opzioni - ha detto Stanca - e l'opzione estrema e' la presenza pubblica nel capitale di Fiat Auto. Una soluzione comunque va costruita per l'azienda torinese, anche con strategie internazionali'. 'Nella crisi Fiat e' doveroso per il governo essere fortemente impegnato, ma l'esecutivo non puo' essere l'unico soggetto attivo'. Lo afferma il vicepremier Gianfranco Fini, per il quale -all'assunzione di responsabilita' del governo dovranno necessariamente affiancarsi analoghi comportamenti virtuosi di altri soggetti interessati, in primis i vertici del gruppo torinese-. -Non tutto dipende infatti da noi - prosegue il leader di An - perche' il governo si deve muovere avendo a cuore non solo l'interesse dell'azionista, ma soprattutto l'interesse generale, cioe' il mantenimento del livello occupazionale, l'effettivo e duraturo rilancio della politica industriale nazionale nel settore automobilistico'.

Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom-Cgil, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione. “Il piano industriale della Fiat è semplicemente quello concordato con la General motors per attuare chiusure di stabilimenti e licenziamenti finalizzati alla vendita prevista.” “E’ sufficiente leggere il piano Fiat e ciò che prevede da qui al 2004 per capire le reali intenzioni dell’operazione in corso. Peraltro, registro che adesso tutti scoprono che la Fiat - nel corso di questi anni - non ha investito nulla su innovazione e qualità del prodotto, ma ha operato essenzialmente sui costi e cioè sulla condizione lavorativa e retributiva dei lavoratori. Dentro questo percorso, allo stato attuale, l’accordo Fiat-General motors sancirebbe soltanto la fine del settore auto così com’è avvenuto, nel nostro paese, per altri importanti settori industriali.” “Per queste ragioni, è necessario compiere scelte che segnino una discontinuità profonda sul terreno della politica industriale.”

Milano

ieri sera e stamattina forze dell'ordine hanno tentato lo sgombero di case occupate in numerose zone popolari della città. in alcuni casi lo sgombero è riuscito, ispettori dell'ALER e polizia non hanno trovato resistenza. In altre parti della città e del Ticino il comitato di lotta per la casa h organizzato tempestivamente presidi impedendo alle forze dell'ordine l'ingresso nelle case occupate. la tensione rimane alte, sentiamo una corrispondenza

Napoli

Mobilitazioni in vista dello sciopero generale del 18 si stanno avendo in numerosi parti di Italia, questa mattina a Napoli gli operatori sociali hanno effettuato uno sciopero durante il quale hanno denunciato la concertazione sindacole di CISL e UIL e la LEGA DELLE COPERATIVA rea di aver firmato il patto per l'Italia. sentiamo l'intervento di una compagna di Napoli che ha partecipato allo sciopero.

Roma

azione di pace preventiva oggi a roma, in 40 persone del movimento dei disobbedienti hanno occupato il palazzo della compagnia petrolifera Esso, arrampicandosi sul tetto, e calandosi con le funi. Lo scopo è un azione dimostrativa contro la guerra. La Esso è una delle compagnie petrolifere interessate alla spartizione del petrolio iracheno.

GLI APPROFONDIMENTI DEL MARTEDI’

‘’’Alla lega nord interessa la salute delle donne?’’’

E’ stata discussa in commissione giustizia e dovrebbe essere calendarizzata a giorni la proposta di legge sulle mutilazioni genitali femminili proposta dalla Lega Nord. A questo proposito ascoltiamo una corrispondenza con una donna dell’Aidos (associazione donne per lo sviluppo): Cristiana Scoppa. E’ della fine dell’anno scorso la proposta della senatrice Rossana Boldi, in collaborazione con l’on. Sonia Viale della Lega Nord, di inasprire le sanzioni penali nei confronti di coloro che, nonostante i divieti, continuino a praticare mutilazioni genitali (infibulazione clitoridectomia o escissione) nei confronti di bambine e giovani donne. E’ in particolare nei comuni della regione toscana che si sono concentrate le mozioni dei rappresentanti della lega affinché i consigli comunali intensificassero le azioni di monitoraggio del fenomeno ed inasprissero gli interventi sanzionatori. Ancora una volta, però, l’intervento in merito alla salute delle donne poggia su due criteri che sono completamente avulsi dall’oggetto del discorso. Come si può leggere direttamente dalle parole dei consiglieri, onorevoli ed opinionisti della Lega, la battaglia contro le mutilazioni genitali femminili assume i contorni di una operazione strumentale in funzione anti immigrazione e sostanzialmente antiislamica. I leghisti parlano infatti esclusivamente di pratiche musulmane, quando invece le mutilazioni genitali sono una pratica pre islamica.. Inoltre ancora una volta l’intervento auspicato poggia sostanzialmente su un inasprimento delle pene per coloro che operano tali operazioni, e poggia sull’assioma, neanche troppo velato, che questi siano esclusivamente extracomunitari (per usare le loro parole). In particolare i leghisti, come l’on. Piergiorgio Stiffoni, si scagliano contro l’atteggiamento tenuto in materia dalla ex ministro degli Affari Sociali Livia Turco, autrice tra l’altro della precedente legge sull’immigrazione, appena più decente dell’attuale, che avrebbe affermato: «Misure repressive quali l’espulsione dal nostro Paese dei genitori che sottopongono a pratiche mutilanti, lungi dallo scongiurare il ricorso a tali pratiche, rischierebbero di mettere ulteriormente a repentaglio la salute dei minori (che correrebbero il pericolo di non essere portate presso le strutture sanitarie nemmeno nei casi di complicazioni mediche più gravi, conseguenti allìintervento escissatorio)». Inoltre la proposta di intervenire per così dire a favore delle donne immigrate potrebbe consentire alla lega di riconsolidare il fronte della destra, ed in particolare le relazioni con l’ala cattolica, incrinate in parte in occasione della discussione sulla legge Bossi Fini.

L’intervento dei singoli stati in materia di mutilazioni genitali femminili risponderebbe alla risoluzione n° 48 del Parlamento Europeo che definisce tali mutilazioni come vera e propria violazione dei diritti umani ed invita gli stati membri a : trattare le mutilazioni come un reato contro l’integrità personale, monitorare il fenomeno, riconoscere il rischio di mutilazioni genitali come motivo per concedere il diritto d’asilo o la protezione umanitaria, fare della lotta alle mutilazioni una priorità d’azione nei rapporti tra stati, sostenere le ONG che operano per l’eliminazione di tali pratiche. Tale risoluzione può essere considerata il risultato di un percorso di informazione e di intervento partito negli anni ottanta quando l’ONU creò a Dakar il Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini (IAC) per coordinare le attività delle ONG africane fino ad arrivare alla conferenza di Pechino del 1995. Nel 1997, inoltre, lo IAC ha elaborato la Carta di Addis Abeba, un documento che chiede a tutti i governi africani di adoperarsi per sradicare (o drasticamente ridurre) le mutilazioni genitali femminili entro il 2005.

Per quanto riguarda il fenomeno, sono almeno 135 milioni, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le ragazze e le bambine che hanno subito mutilazioni sessuali e ogni anno se ne aggiungono altri due milioni. Tali mutilazioni, lo ricordiamo, hanno enormi conseguenze sia fisiche che psicologiche. Le MGF sono praticate soprattutto in Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente (Egitto, Yemen Emirati Arabi). Casi di mutilazioni avvengono anche in alcune parti dell'Asia, nelle Americhe e in Europa - compresa l'Italia - all'interno delle comunità di immigrati. La pratica delle mutilazioni genitali femminili è antecedente all'Islam e la maggior parte dei mussulmani non la usano. Tuttavia nel corso dei secoli questa consuetudine ha acquisito una dimensione religiosa e le popolazioni di fede islamica che la applicano adducono come motivo la religione. Il Corano non parla delle mutilazioni, esistono solo alcuni hadith (detti attribuiti al Profeta) che ne fanno cenno come pratica già esistente che non deve essere troppo invasiva. A conti fatti le mutilazioni genitali vengono praticate anche da cattolici, protestanti, animisti, copti e falasha (ebrei etiopi) nei vari paesi interessati. I motivi che portano a praticare le mutilazioni sessuali possono suddividersi in alcuni gruppi principali. 1)Identità culturale: in alcune società, la mutilazione stabilisce chi fa parte del gruppo sociale e la sua pratica viene mantenuta per salvaguardare l'identità culturale del gruppo.2) Identità sessuale: la mutilazione viene ritenuta necessaria perché una ragazza diventi una donna completa. La rimozione della clitoride e delle piccole labbra - "parte maschile" del corpo della donna - sono indispensabili per esaltare la femminilità, spesso sinonimo di docilità ed obbedienza. 3)Controllo della sessualità: in molte società vi è la convinzione che le mutilazioni riducano il desiderio della donna verso il sesso, riducendo quindi il rischio di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Non si ritiene possibile che una donna non mutilata si mantenga fedele per propria scelta. Nella pratica, le mutilazioni sessuali riducono la sensibilità, ma non il desiderio, che dipende dalla psiche. 4) Credenze sull'igiene, estetica e salute: le ragioni igieniche portano a ritenere che i genitali femminili esterni siano "sporchi". In alcune culture si pensa che i genitali possano continuare a crescere fino ad arrivare a "pendere" tra le gambe, se la clitoride non viene recisa. Alcuni gruppi credono che il contatto della clitoride con il pene di un uomo ne causerebbe la morte; altri che se la clitoride toccasse la testa del neonato, durante il parto, esso morirebbe. Nella maggior parte dei casi le bambine arrivano alla data dell’infibulazione come ad un momento importante del loro passaggio nel mondo dell’adolescenza e poi in quello delle donne adulte, ma spesso non sanno assolutamente in che cosa consista l’operazione. Fattore ancora più inquietante ma allo stesso tempo significativo è che sono proprio le donne della comunità di cui esse si fidano, prima tra tutte la madre, ad accompagnarle in questo passaggio che poi scoprono doloroso e mutilante.

Una intervista dello scorso anno a Giovanna Scassellati, ginecologa ospedaliera e volontaria presso la Casa dei diritti sociali, associazione laica autogestita attenta ai problemi delle donne e degli uomini migranti, può aiutare a comprendere i contorni del fenomeno delle mutilazioni genitali in Italia e quindi i possibili interventi. La Scassellati sottolinea innanzi tutto che negli ultimi anni sono in aumento negli ospedali italiani le richieste di intervento di deinfibulazione, ma a volte anche di infibulazione, richieste alle quali in molti casi i medici italiani non sono in grado di rispondere per la non conoscenza del fenomeno. Ma soprattutto la Scassellati, come la stessa Aidos, pone l’accento sulla necessità di realizzare progetti di mediazione culturale, già previsti dalla legge, dove siano le stesse donne migranti a fare da tramite tra la cultura di origine e la situazione italiana, in modo che le trasformazioni avvengano attraverso una scelta consapevole, come già avviene per alcune donne con situazioni economiche e di istruzione più favorevoli, e non attraverso il ricatto dell’espulsione. Come in sostanza afferma la Lega Nord.

Le fonti di questo approfondimento sono: pagina della Lega Nord sul sito della regione Toscana, prov. di Siena Sito web di Amnesty Intrenatinal, sezione italiana, minori Agenzia stampa Dw press Quaderni dell’Aidos (associazione italiana donne per lo sviluppo) La nostra cultura di femministe e lesbiche

‘’’Nuova e crescente ondata di violazioni dei diritti umani in Iran’’’

Secondo fonti dell'opposizione iraniana, dall'inizio di quest'anno ci sono state nel paese 300 esecuzioni capitali. Le pene disumane, come l'amputazione degli organi genitali, l'escavazione degli occhi, la condanna a morte per fustigazione e impiccagione, sono ormai una consuetudine. La maggior parte delle vittime sono donne e giovani: durante i cinque anni del governo di Katami, 25 persone - di cui 17 donne - sono state condannate alla pena della lapidazione e ancora 4 donne sono in carcere in attesa di essere lapidate. Altre morti si aggiungono con la brutale repressione delle proteste sociali e delle minoranze religiose. La Resistenza Iraniana, soprattutto per voce della Commissione delle Donne e delle Associazioni di Donne Democratiche Iraniane, richiama in questi giorni l'attenzione delle autorità internazionali e delle associazioni dei diritti umani in tutto il mondo su quanto sta accadendo in Iran.

"Nessuna fazione del regime vuole migliorare questa situazione" affermano nell'appello che sta circolando in questi giorni, e chiedono all'Assemblea Generale dell'Onu di condannare fermamente i crimini commessi dal regime dei mullah, ricordando anche che, nel marzo di quest'anno, il relatore speciale dell'Onu, aveva confermato l'aumento delle pene di morte, ma appena un mese dopo, ad aprile, la stessa Commissione dell'Onu, ha ritirato la condanna.

Il governo italiano è responsabile di questo repentino ripensamento perché, secondo una esponente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, esso "coordina un fronte di opposizione alla risoluzione, a causa degli stretti contatti economici e dei legami di amicizia che mantiene con il regime di Teheran"

E' stato scritto un appello urgente per i diritti umani in Iran, per fermare le impiccagioni pubbliche e le lapidazioni, e far condannare questo regime nella prossima assemblea dell'Onu.)

Ascoltiamo una donna dell'Associazione Donne Democratiche Iraniane in Italia

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gror151002 (last edited 2008-06-26 10:00:04 by anonymous)